
Il Tar annulla i Daspo per il saluto romano ad Acca Larentia: esulta CasaPound

Il Tar del Lazio ha annullato 16 Daspo urbani emessi nei confronti di altrettanti partecipanti alla commemorazione di Acca Larentia del 7 gennaio 2024, durante la quale centinaia di militanti avevano eseguito il saluto romano durante il rito del “Presente!”. Il provvedimento, adottato dal questore di Roma e motivato con la violazione delle norme che vietano l’apologia del fascismo, è stato giudicato infondato dai giudici amministrativi. La decisione è stata resa nota da CasaPound, che ha parlato di «una vittoria significativa, sia sul piano politico che su quello giuridico».
I Daspo annullati, secondo quanto riferisce CasaPound in un comunicato, riguardavano anche Gianluca Iannone e Luca Marsella, due esponenti di spicco del movimento. «Dalla lettura della sentenza emerge l’infondatezza dei provvedimenti adottati», si legge nella nota, «perché i Daspo fuori contesto non possono essere emessi in relazione ai reati che ci vengono contestati». Il movimento denuncia una «logica inquisitoria» che mira a criminalizzare eventi commemorativi legittimi come Acca Larentia, definita «un momento di raccoglimento e memoria».
Nonostante l’annullamento dei Daspo sul piano amministrativo, resta aperto il procedimento penale avviato dalla Procura di Roma, che ha chiesto il rinvio a giudizio per 31 persone, tutte appartenenti a CasaPound. L’accusa è violazione delle leggi Mancino e Scelba, che puniscono l’apologia del fascismo. Per i pm coordinati da Francesco Lo Voi, il raduno del 7 gennaio avrebbe riproposto «la liturgia delle adunanze usuali del disciolto partito fascista».
Le indagini, affidate alla Digos e ai Carabinieri, si sono basate su filmati e ricostruzioni che documentano i saluti romani accompagnati dalla “chiamata del presente”, in una zona nei pressi di via Tuscolana. Alcuni dei Daspo annullati prevedevano anche l’obbligo di firma per sei anni.
Il caso si colloca in un quadro giuridico complesso, influenzato dalla recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, che ha chiarito come per configurare un reato legato al saluto romano servano elementi concreti come il contesto, la simbologia del luogo e il rischio di emulazione. Un principio che il Tar ha evidentemente ritenuto violato nella valutazione dei provvedimenti del questore.