
Il grande flop del referendum sulla cittadinanza italiana

Il referendum sulla proposta di modifica delle normative relative alla cittadinanza ha suscitato ampie discussioni in Italia. A sorpresa, nonostante il sostegno di molte forze politiche e associazioni della società civile, il risultato ha visto una netta prevalenza del no. Del 29% degli aventi diritto al voto che si sono presentati alle urne, circa il 65% ha approvato la proposta di ridurre da dieci a cinque anni il periodo di residenza legale per la richiesta di cittadinanza da parte degli stranieri maggiorenni extracomunitari. E quindi quasi il 35% ha votato contro: un dato eclatante, che ha sorpreso soprattutto il centrosinistra, che si era impegnato a fondo per la causa. Un’ulteriore dimostrazione che gli italiani sono contrari alle politiche immigrazioniste e alla facile concessione della cittadinanza.
Secondo Lorenzo Pregliasco di YouTrend, i primi quattro quesiti, legati principalmente al lavoro, sono stati favoriti dalla forte mobilitazione sindacale, con la Cgil che ha sostenuto convintamente il sì. Tuttavia, il quinto quesito, riguardante la cittadinanza, ha visto una maggiore divisione, con un supporto decisamente più scarso da parte delle masse. La paura che l’apertura agli stranieri potesse incidere negativamente sul mercato del lavoro, come sottolineato da alcuni esponenti sindacali, ha spinto molti a esprimere il loro dissenso. Questo sentimento ha trovato eco anche nelle regioni rosse, come la Toscana, l’Emilia Romagna e la Puglia, dove pure la percentuale di no è stata significativa. Al contrario, i favorevoli sono stati più concentrati nelle aree centrali delle grandi città, come Milano e Torino, dove la popolazione tende ad avere una visione più cosmopolita. Ma dove si sentono meno, o per niente, gli effetti dell’immigrazione incontrollata, che ha trasformato le periferie in polveriere pronte ad esplodere.
Non sorprende che il Movimento Cinque Stelle, pur essendo diviso, abbia deciso di non prendere una posizione ufficiale, lasciando libertà di voto al proprio elettorato. Giuseppe Conte e altri esponenti del partito avevano però espressamente sostenuto il sì. Tra i promotori della riforma, Riccardo Magi di Più Europa ha lamentato l’assenza di una corretta informazione sul tema. Secondo lui, la maggioranza di governo ha contribuito a diffondere “falsità“, oscurando il vero contenuto della proposta, che riguardava gli stranieri senza precedenti penali e con una buona conoscenza della lingua italiana, e non i migranti irregolari.
Nonostante la sconfitta, il tema della cittadinanza sembra destinato a tornare in Parlamento. Magi ha proposto alle opposizioni un’azione comune per una legge unitaria di riforma. Anche Antonio Tajani di Forza Italia ha ripreso la discussione, suggerendo che il metodo più giusto sarebbe quello di concedere la cittadinanza dopo dieci anni di scuola frequentata con profitto, una proposta che ha già fatto discutere ma che ancora non ha ottenuto un consenso unanime.