
Gettata una bomba sotto casa del boss Elvis Demce al Prenestino

Roma torna a essere teatro di una guerra criminale sotterranea, con lanci di bombe, sequestri e spari che si intrecciano nella lotta per il controllo delle piazze di spaccio. L’ultimo segnale di questa escalation è arrivato il 15 luglio, quando un ordigno rudimentale, fortunatamente inesploso, è stato lanciato sotto l’abitazione della famiglia di Elvis Demce, narcotrafficante albanese attualmente detenuto nel carcere di Ascoli. Nella casa a Colle Prenestino vivono la moglie e le figlie dell’uomo: l’attacco è stato un chiaro avvertimento mafioso.
L’ordigno, privo di tritolo ma comunque potenzialmente letale secondo gli artificieri, è rimasto inesploso per un malfunzionamento della miccia. È stata la moglie di Demce ad accorgersi della presenza dell’oggetto sospetto. Non è un caso che il gesto sia avvenuto il giorno dopo che i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Frascati avevano eseguito una nuova misura cautelare per Demce, accusato di continuare a impartire ordini dal carcere per gestire sequestri di persona affidati a bande miste di sudamericani e albanesi. Un segnale, dunque, che i suoi rivali vogliono far sentire forte e chiaro.
Le indagini si ricollegano a una lunga catena di eventi criminali, a partire dal tentato omicidio di Giancarlo Tei, detto “Lallo”, amico di Demce, colpito alle gambe l’11 maggio 2024 a Tor Bella Monaca da tre uomini di origine sudamericana. Arrestati poco dopo, nei loro cellulari sono stati trovati video di due sequestri di persona: uno ordinato dal rivale Alban Cjapi, l’altro dallo stesso Demce. In particolare, il sequestro del 19 giugno, orchestrato da Demce dal carcere di Benevento, colpiva un uomo vicino a Fabrizio Fabietti, braccio destro del noto leader della batteria di Ponte Milvio Fabrizio Piscitelli alias Diabolik. La vittima venne minacciata con una pistola, costretta a rivelare informazioni su traffici di droga e infine ferita e abbandonata in strada.
«Un’escalation preoccupante di violenza che dimostra come i clan agiscano anche da dietro le sbarre», sottolineano gli investigatori. Il fatto che gli stessi sicari abbiano servito alternativamente Demce e i suoi rivali dimostra la fluidità e pericolosità degli equilibri criminali.
Questo clima di guerriglia urbana si era già manifestato lo scorso gennaio in zona Borghesiana, dove una bomba contenente tritolo era stata lanciata contro l’abitazione di Amine Mohamed Alaya, detto Kalo, tunisino di 30 anni sorvegliato speciale per reati di droga. Anche in quel caso, per fortuna, nessun ferito, ma due appartamenti erano stati dichiarati inagibili. L’attacco è stato interpretato come un’altra dichiarazione di guerra in un contesto dominato da vendette incrociate e lotte per il territorio.
Tutti gli indizi, incluso l’ordigno davanti alla casa della famiglia Demce, portano a un’unica conclusione: la criminalità organizzata romana è entrata in una nuova fase di scontro aperto, con strategie che includono il terrore, la vendetta e l’intimidazione, anche nei confronti di donne e bambini. La Direzione Distrettuale Antimafia e il Comando provinciale dei Carabinieri mantengono alta l’attenzione, consapevoli che la battaglia per le piazze di spaccio di Roma è tutt’altro che conclusa.