
Fingono il divorzio per eludere il fisco, ma vengono scoperti tramite Facebook

Una coppia romana è stata condannata per aver finto la separazione al fine di eludere il fisco e sottrarsi al pagamento di una ingente cartella esattoriale. Tuttavia, la loro smania di condividere la vita di coppia sui social media si è rivelata fatale. La Cassazione ha confermato le condanne a due anni di reclusione per il marito e a un anno e mezzo per la moglie, per i reati di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.
La coppia aveva organizzato una messa in scena, con tanto di casa presa in affitto dal solo marito per depistare le indagini, ma le foto di viaggi romantici e i commenti affettuosi sui social media li hanno traditi. Gli inquirenti avevano subito sospettato della separazione, avvenuta poco dopo la notifica di un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate per oltre 700.000 euro. L’uomo, nonostante un cospicuo patrimonio, aveva trasferito i suoi beni alla moglie e alla suocera.
Le indagini hanno rivelato che la coppia continuava a convivere e che la residenza fittizia dell’uomo era disabitata. I post su Facebook, in cui l’uomo si riferiva alla moglie come “compagna” e ostentava l’auto ceduta alla suocera, hanno fornito prove decisive. La Cassazione ha definito i post “prova confessorio”.
L’avvocato Stefano Scalbi ha commentato la sentenza, sottolineando l’espansione del potere ispettivo degli organi di polizia giudiziaria nelle operazioni di accertamento fiscale. Ha inoltre avvertito sui vuoti procedurali che possono inficiare tali indagini.
Una coppia romana è stata condannata per aver finto la separazione al fine di eludere il fisco e sottrarsi al pagamento di una ingente cartella esattoriale. Tuttavia, la loro smania di condividere la vita di coppia sui social media si è rivelata fatale. La Cassazione ha confermato le condanne a due anni di reclusione per il marito e a un anno e mezzo per la moglie, per i reati di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.
La coppia aveva organizzato una messa in scena, con tanto di casa presa in affitto dal solo marito per depistare le indagini, ma le foto di viaggi romantici e i commenti affettuosi sui social media li hanno traditi. Gli inquirenti avevano subito sospettato della separazione, avvenuta poco dopo la notifica di un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate per oltre 700.000 euro. L’uomo, nonostante un cospicuo patrimonio, aveva trasferito i suoi beni alla moglie e alla suocera.
Le indagini hanno rivelato che la coppia continuava a convivere e che la residenza fittizia dell’uomo era disabitata. I post su Facebook, in cui l’uomo si riferiva alla moglie come “compagna” e ostentava l’auto ceduta alla suocera, hanno fornito prove decisive. La Cassazione ha definito i post “prova confessorio”. L’avvocato Stefano Scalbi ha commentato la sentenza, sottolineando l’espansione del potere ispettivo degli organi di polizia giudiziaria nelle operazioni di accertamento fiscale. Ha inoltre avvertito sui vuoti procedurali che possono inficiare tali indagini.