
Così il killer ha scelto come disfarsi del corpo di Ilaria

Mark Antony Samson conosceva bene quelle colline. I sentieri che si snodano tra Capranica Prenestina e Poli, a est di Roma, erano per lui luoghi familiari. Amava percorrerli in mountain bike nei fine settimana, approfittando del silenzio, dell’aria pulita, della distanza dalla frenesia cittadina. È in uno di quei tratti di campagna, nascosto tra cespugli e rovi, che ha scelto di gettare la valigia contenente il corpo senza vita di Ilaria Sula, la giovane studentessa uccisa a coltellate. Un luogo isolato, poco frequentato, in cui sapeva che nessuno avrebbe trovato facilmente quel trolley abbandonato lungo un dirupo.
“Lunedì ero poco distante da lì, con altri amministratori, per piantare nuovi alberi”, racconta con amarezza Francesco Colagrossi, sindaco di Capranica Prenestina al quotidiano Il Messaggero. “È un gesto simbolico per il futuro, ma mai avrei immaginato che a pochi passi si fosse consumato un crimine così orribile”. Il piccolo borgo, da poco inserito tra i più belli d’Italia, non è abituato a fatti di cronaca nera. “Oggi è una giornata tragica per la nostra comunità”, ha aggiunto il primo cittadino.
Per gli investigatori non ci sono dubbi: Samson ha scelto quel luogo consapevolmente. Non solo per la scarsa presenza di testimoni, ma anche per la familiarità che aveva con la zona. La vicinanza al Santuario della Mentorella, meta di pellegrinaggio per molti cittadini filippini di Roma, potrebbe essere il primo contatto di Samson con quei paesaggi. “Probabilmente è venuto qui in comitiva, poi ha continuato a tornarci in bicicletta”, spiega Giovanni, collaboratore del Comune di Poli.
L’escursionismo gli ha permesso di conoscere ogni angolo, compresi quelli più nascosti. Tanto che, dopo aver confessato l’omicidio, è stato necessario che accompagnasse di persona gli inquirenti sul luogo del ritrovamento, perché nemmeno con le sue indicazioni era stato possibile localizzare subito la valigia.
Il cadavere è stato ritrovato alle 12.40, alla presenza delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco e di decine di giornalisti. Il corpo è stato poi trasferito al centro di medicina legale di Roma per l’autopsia. Dopo ore di tensione e sconcerto, è tornato il silenzio tra i boschi dei Monti Prenestini. Un silenzio che stavolta non è sinonimo di pace, ma carico di dolore e incredulità per un luogo che, da rifugio naturale, si è trasformato in teatro di una tragedia inimmaginabile.