
Contratti nella PA: verso l’accordo entro settembre, in arrivo aumenti e arretrati

Il governo accelera sui contratti del pubblico impiego, con l’obiettivo di chiudere le trattative entro settembre e avviare subito i negoziati per il rinnovo 2025-2027. Sul tavolo ci sono 11 miliardi di euro già stanziati per il triennio futuro e un piano che punta a garantire aumenti in busta paga già entro la fine dell’anno. Lo ha confermato il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, deciso a blindare i fondi prima dell’inizio delle discussioni sulla legge di bilancio.
Ad oggi, due comparti hanno già firmato l’intesa: le Funzioni centrali, che coinvolgono circa 200.000 dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici come l’Inps, e la Sanità, con 600.000 lavoratori tra infermieri, tecnici e personale amministrativo. Mancano all’appello circa 1,7 milioni di lavoratori: 480.000 negli enti locali e 1,2 milioni nel comparto scuola.
Chiudere entro settembre significherebbe far arrivare gli aumenti entro dicembre e aprire le nuove trattative all’inizio del 2025. Un primo test si avrà già domani con l’incontro tra l’Aran e i sindacati della dirigenza pubblica, da cui potrebbe emergere un segnale di distensione, in particolare dalla Uil, che finora si è mostrata contraria a ogni ipotesi di accordo.
Nel dettaglio, le nuove bozze per gli enti locali prevedono aumenti medi tra 122 e 158 euro lordi al mese, con il conglobamento parziale dell’indennità di comparto negli stipendi base. Una mossa che allinea gli aumenti ai livelli del personale ministeriale. Tuttavia, Cgil e Uil restano critiche: “Le risorse sono ancora insufficienti”, sostengono.
La Uil ha chiesto di anticipare parte dei fondi del triennio successivo, richiesta che Zangrillo prova a soddisfare proponendo di firmare già ora anche il nuovo contratto 2025-2027. Sul fronte della dirigenza, gli aumenti sono ancora più significativi: da 308 a 1.528 euro lordi mensili, a seconda della fascia. In arrivo anche arretrati tra 5.000 e oltre 30.000 euro, soprattutto per i dirigenti medici.
Più complessa la situazione nella scuola, dove il contratto coinvolge una vasta platea: docenti, personale Ata, università e ricerca. Gli aumenti previsti sono del 5,78%, pari a 150 euro medi per i docenti. Ma le trattative rallentano per la parte normativa. L’ipotesi, come già avvenuto nel contratto 2019-2021, è quella di sottoscrivere intanto la parte economica, rimandando il resto.
In ogni caso, il tempo stringe. Come ha ribadito il ministro Zangrillo, “servono firme rapide per non mettere a rischio i fondi già stanziati”. Se entro settembre non si raggiungerà l’accordo, gli 11 miliardi destinati al pubblico impiego potrebbero finire nel mirino di altri comparti durante la manovra.