
Cold case: nuova perizia per trovare il Dna del killer di Simonetta Cesaroni

Trentacinque anni e ancora nessuna verità. Il delitto di Simonetta Cesaroni, la giovane contabile uccisa con 29 coltellate il 7 agosto 1990 in un ufficio in via Poma, a Roma, è uno dei misteri più oscuri della cronaca italiana. Ma ora, grazie ai progressi della genetica forense e alla determinazione di un giudice, la speranza di dare un volto all’assassino si riaccende.
A fine 2023, la giudice Giulia Arcieri aveva respinto la richiesta di archiviazione dell’ultima inchiesta, ordinando una nuova serie di interrogatori e accertamenti. Secondo il gip, ci sarebbe stata una manovra di depistaggio attorno al caso e l’appartamento teatro dell’omicidio potrebbe aver custodito documenti riservati dei servizi segreti. «Materiale che non doveva finire nelle mani della magistratura», aveva scritto.
Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Alessandro Lia, sono state affidate ai carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, impegnati a rianalizzare i reperti con nuove tecnologie genetiche. Tra questi: vestiti, tasselli della porta, il telefono dell’ufficio. Il nuovo obiettivo è isolare tracce di DNA potenzialmente riconducibili all’aggressore.
Oltre al nuovo ciclo di interrogatori che includerà anche figure istituzionali come Carmine Belfiore, ex questore di Roma, e Sergio Costa, ex agente dei servizi, si torna a esplorare piste già battute ma mai chiarite. Una riguarda l’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, all’epoca presidente degli Ostelli e vicino di casa del palazzo di via Poma. Un appunto della Digos del 1992 riportava a suo carico «reiterate molestie a giovani ragazze», mai denunciate, e dubbi sul suo alibi.
Non mancano neanche ipotesi di collegamenti con altri casi, come il furto al caveau di piazzale Clodio del 1999 (in cui fu coinvolto anche Massimo Carminati), dal quale sarebbero scomparse carte sensibili legate all’omicidio Cesaroni. Infine, è tornato sotto i riflettori anche il portiere Pietrino Vanacore, inizialmente sospettato e morto suicida nel 2010: si cerca di capire che ruolo abbia realmente avuto, seppur indirettamente, in quella giornata di sangue.
Il fascicolo investigativo resta aperto, e ora si attende che i nuovi esami scientifici, in grado di rilevare anche microtracce biologiche, portino all’identificazione di un profilo genetico sconosciuto. La speranza è che il nome dell’assassino di Simonetta, dopo 35 anni di ipotesi e verità incompiute, possa finalmente essere pronunciato.
«Aggredita, lasciata morire sola in un ufficio. Questo crimine non può restare impunito», ripetono i familiari, che non hanno mai smesso di chiedere verità e giustizia.