
Cold case-Di Veroli: la Procura punta su nuove piste per risolvere il mistero

Il 10 aprile 1994 il corpo senza vita di Antonella Di Veroli, 47 anni, venne trovato nascosto in un armadio, con una busta di plastica avvolta sulla testa e sigillato con mastice. La sua morte violenta, seguita da 34 coltellate e due colpi di pistola, è rimasta uno dei casi più misteriosi di Roma. Nonostante le indagini iniziali, nessun colpevole è mai stato identificato, e l’inchiesta si è fermata per decenni. Ora, a 31 anni di distanza, la Procura di Civitavecchia ha deciso di riaprire il fascicolo, esaminando nuovi reperti e cercando risposte su uno dei “cold case” più discussi della Capitale.
In questi anni, molte sono state le ipotesi emerse, ma pochi sono stati i passi concreti verso la verità. Tra gli indizi, ci sono 38 reperti sequestrati nell’appartamento della vittima, tra cui impronte, peli e capelli, e un sacchetto di plastica che avvolgeva la testa della Di Veroli. Nonostante i tentativi di analizzare il DNA presente su questi oggetti, la lunga attesa e l’invecchiamento dei reperti hanno reso difficile isolare tracce utili. Tuttavia, la pista seguita dagli inquirenti non è ancora chiusa, e si continua a indagare, soprattutto alla luce di nuove informazioni ritenute interessanti.
Il caso è tornato a far parlare anche grazie alla testimonianza della sorella di Antonella, Carla Di Veroli, che ha raccontato il dolore che la famiglia ha vissuto per anni. Carla ha sottolineato l’atrocità dell’omicidio, dove non solo Antonella fu uccisa, ma anche il suo corpo fu nascosto e sigillato con grande cura, come se il killer avesse voluto impedire la diffusione del cattivo odore del corpo in decomposizione. Secondo la sorella, Antonella era una persona “generosa, instancabile e di grande competenza“, e la famiglia continua a cercare giustizia per lei, nonostante il passare del tempo.
Nel 1994, alcuni testimoni parlarono di un uomo visto vicino all’appartamento della vittima prima del suo omicidio. La testimonianza di un bambino di sei anni all’epoca e di un altro condomino parlò di un uomo con una busta di plastica che cercava una donna che non era in casa, lasciando intendere che potesse esserci un legame con l’omicidio. Nonostante i vari interrogatori e le indagini sugli amanti di Antonella, tra cui Umberto Nardinocchi, il suo ex datore di lavoro e amante, la posizione di questi individui fu archiviata nel corso degli anni, senza che venissero trovati indizi determinanti.
Nonostante le difficoltà nelle indagini e la morte di alcune figure chiave nel caso, la famiglia di Antonella non ha mai cessato di cercare giustizia. Grazie anche al lavoro di due giornalisti, Diletta Riccelli e Flavio Maria Tassotti, sono emersi nuovi dettagli che potrebbero gettare luce sulle dinamiche dell’omicidio.
Il caso di Antonella Di Veroli rimane uno dei più inquietanti misteri irrisolti di Roma. La riapertura dell’inchiesta rappresenta una nuova speranza per la famiglia e per tutti coloro che vogliono vedere giustizia fatta. La determinazione di Carla Di Veroli e il continuo supporto della comunità potrebbero finalmente portare alla risoluzione di un caso che, nonostante il passare del tempo, continua a far parlare di sé.