
Chef Rubio a processo per diffamazione e istigazione alla violenza

Il gup di Roma ha disposto il rinvio a giudizio di Gabriele Rubini, noto al pubblico come chef Rubio, con le accuse di diffamazione aggravata e istigazione alla violenza. Il processo, che avrà inizio il 1° giugno 2026, vede come parti civili la Comunità ebraica di Roma e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei), rappresentate dagli avvocati Cesare Gai e Diletta Perugia. Le contestazioni mosse all’ex volto televisivo riguardano dichiarazioni ritenute offensive e incitanti alla violenza, pronunciate in due diverse occasioni pubbliche.
Il primo episodio risale al 28 febbraio, quando, durante una trasmissione radiofonica, Rubini avrebbe pronunciato affermazioni denigratorie nei confronti della popolazione ebraica e dello Stato di Israele. Nel capo di imputazione si legge che avrebbe dichiarato: “Non c’è solo l’olocausto, ci sono tantissimi genocidi nel mondo ma se ci fate caso siamo portati a pensare solo a quello che ha colpito gli ebrei, che poi non tutti gli ebrei perché quelli ricchi si sono venduti pure le sorelle e le famiglie”. Due giorni dopo, in un convegno presso un centro sociale di Roma, Rubini avrebbe ulteriormente aggravato la sua posizione, con affermazioni che, secondo l’accusa, istigavano alla violenza nei confronti di Israele: “Sono pronto a prendere le armi qualora fosse necessario, contro lo Stato di Israele”.
Inoltre, secondo l’impianto accusatorio, lo chef avrebbe pubblicato contenuti sui propri profili social in cui accusava il popolo ebraico di razzismo nei confronti dei palestinesi e incitava alla lotta contro Israele. La denuncia è stata presentata da Noemi Di Segni, presidente dell’Ucei, portando così alla decisione del rinvio a giudizio. Non è la prima volta che Rubini si trova al centro di accuse simili. Lo scorso 24 gennaio, la Comunità ebraica di Roma ha presentato due distinte denunce-querele nei confronti dello chef e di Alessandro Orsini, docente di sociologia del terrorismo, accusandoli di propaganda e istigazione a delinquere per discriminazione razziale, etnica e religiosa e diffamazione aggravata.
Secondo quanto riportato nelle denunce, entrambi avrebbero diffuso idee discriminatorie nei confronti del popolo israeliano, confondendo concetti come governo israeliano, Stato di Israele, ebraismo e sionismo, e alimentando pregiudizi antisemitici. Il caso ora passa ai giudici, con un processo che si preannuncia particolarmente delicato per le implicazioni legate alla libertà di espressione e alla lotta contro l’odio razziale.