
Caso-Open Arms, per Giorgia Meloni il ricorso dei pm “è surreale”

Il caso Open Arms torna ad agitare il panorama politico e giudiziario italiano. A sette mesi dall’assoluzione di Matteo Salvini, i pm di Palermo hanno presentato un ricorso diretto in Cassazione contro la sentenza del tribunale del capoluogo siciliano. L’iniziativa, formalmente un ricorso per saltum, punta a contestare l’interpretazione della legge adottata dai giudici, riaprendo così uno dei dossier più spinosi degli ultimi anni: la gestione del flusso migratorio nell’estate 2019 e il conseguente divieto di attracco per la nave della Ong Open Arms, con 147 migranti a bordo.
Secondo l’accusa, l’allora ministro dell’Interno si sarebbe reso responsabile di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Ma la decisione di proseguire il procedimento in Cassazione ha avuto l’effetto di una miccia accesa nel già incandescente rapporto tra politica e magistratura.
La reazione della maggioranza è stata immediata e compatta. «È surreale questo accanimento, dopo un fallimentare processo durato tre anni e chiuso con un’assoluzione piena», ha scritto Giorgia Meloni sui social, esprimendo la sua solidarietà a Salvini. La premier ha rilanciato la necessità di una riforma della giustizia, parlando di «storture da correggere» e di un sistema che appare sempre più distante dalle esigenze dei cittadini. Parole accompagnate da un videomessaggio indirizzato alla Federazione dei magistrati onorari, dove ha ribadito l’urgenza di un sistema giudiziario «più giusto e vicino ai cittadini».
Anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha espresso perplessità: «Nei Paesi civili non si impugnano le assoluzioni», mentre Matteo Piantedosi, oggi al Viminale ma all’epoca capo di gabinetto di Salvini, si è detto amareggiato: «Mi ritengo imputabile anch’io».
Il leader della Lega, da parte sua, si è detto sereno: «Difendere i confini non è un reato. Vado avanti a testa alta». Attorno a lui si è stretta l’intera coalizione di centrodestra, dalla sorella della premier, Arianna Meloni, a Antonio Tajani, che ha parlato apertamente di «accanimento contro un ministro che ha fatto il proprio dovere». Ma tra le pieghe dell’unità di facciata, non sono mancati attriti, soprattutto tra Lega e Forza Italia, nuovamente divisi sul tema della cittadinanza.