Caso-Emanuela Ruggeri: giallo sull’SMS alla madre e sulle sue ultime ore

23/07/2025

“Mamy scusa ho il Cell scarico sono andata al mare scusq”. Scritto così, con la “q”: un messaggio pieno di incertezze, forse scritto in fretta. O forse da qualcun altro. Per Alessandra Loreti, madre di Emanuela, la 32enne trovata morta in via del Mandrione, quelle poche parole sono solo il primo tassello di un giallo angosciante. «Mia figlia non mandava SMS, comunicavamo sempre su WhatsApp», afferma. Quel breve testo, ricevuto poche ore prima del tragico ritrovamento, alimenta i dubbi sulla veridicità di ciò che è stato raccontato. Emanuela, dicono i genitori, era uscita da casa senza dare spiegazioni chiare e da quel momento è iniziata una spirale di silenzi e misteri.

Da gennaio Emanuela era tornata a vivere a Roma dopo una lunga convivenza a Torino con l’ex fidanzato. Stava cercando un nuovo lavoro e provava a ricostruirsi una vita, frequentando nuove persone, tra cui una donna e un ragazzo, probabilmente tossicodipendente. Quest’ultimo, già ascoltato dagli inquirenti, ha dichiarato di averla vista lunedì sera: «Ci frequentavamo da un po’, ma quando l’ho lasciata era viva». Non è chiaro però se abbiano trascorso la notte insieme né se fosse lui la persona con cui la vittima sarebbe andata al mare. «Non conoscevamo queste persone», spiegano i genitori. «All’inizio sembrava felice, ma poi ha cominciato a dormire spesso fuori e a tornare sempre più tardi».

Quando è stata trovata, tra rifiuti e rovi, Emanuela aveva solo la borsa con i documenti, ma non il cellulare. «Vogliamo sapere dov’è il telefono e se dentro c’erano le chiavi di casa», aggiungono i genitori, preoccupati che qualcuno possa introdursi nell’abitazione. L’unica compagnia rimasta ora è Maya, il cane nero che la giovane accudiva ogni giorno.

L’ex compagno della vittima, un uomo di Torino di cinque anni più grande, è stato escluso dai sospetti. «Nonostante tutto si volevano ancora bene», spiegano i genitori. È stato lui, preoccupato dal silenzio improvviso, a contattare la famiglia quando non riusciva più a rintracciarla. «Era distrutto, ha pianto tanto». Chi invece non ha pianto, denunciano con amarezza i familiari, «sono quelli che l’hanno lasciata lì, tra l’immondizia». Il padre ne è convinto: «Erano almeno in due, perché mia figlia era alta e robusta. L’hanno spostata in due».

La polizia scientifica è tornata ieri nell’area del ritrovamento con l’Ama, nella speranza di trovare il cellulare mancante, elemento potenzialmente decisivo per ricostruire le ultime ore della giovane. La Procura ha aperto un fascicolo per “morte come conseguenza di altro reato”, mentre la Squadra Mobile continua a indagare per fare luce su un caso che scuote Roma e che lascia troppe domande senza risposta. «Non dovevano lasciarla morire», ripetono i genitori. «Vogliamo giustizia, vogliamo sapere chi è stato».

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