
Bova presenta reclamo al Garante per la privacy: “Violata la mia riservatezza”

Raoul Bova passa al contrattacco dopo la diffusione degli audio privati in cui si rivolgeva con parole affettuose alla modella 23enne Martina Ceretti. L’attore ha presentato un reclamo ufficiale al Garante della privacy, con la richiesta di bloccare la circolazione incontrollata dei messaggi vocali diventati virali dopo essere stati trasmessi il 21 luglio nella trasmissione YouTube “Falsissimo” di Fabrizio Corona.
Nel documento, il team legale dell’attore sottolinea che non è mai stato dato consenso alla diffusione dei messaggi, e chiede di individuare e sanzionare chi ha violato la normativa. «La voce è un dato personale particolarmente sensibile, soggetto a tutele rafforzate», spiegano i legali, sottolineando che nemmeno un eventuale consenso della destinataria – seppur inizialmente espresso – sarebbe sufficiente a giustificare la pubblicazione pubblica degli audio.
La vicenda ha assunto rapidamente una dimensione mediatica. Le frasi pronunciate da Bova – come «essere speciale dal sorriso meraviglioso e dagli occhi spaccanti» – sono state riprese da giornali, social e brand. Persino Ryanair e il Napoli Calcio hanno cavalcato l’onda, salvo poi rimuovere i contenuti dopo le minacce legali dell’attore.
Ma il caso è ben più serio. Prima della messa in onda della puntata incriminata, Bova ha ricevuto una serie di messaggi dal tono minaccioso da un numero spagnolo. L’interlocutore, promettendo di “fermare Corona” in cambio di un “regalo”, gli scriveva: «Altro che don Matteo… ho contenuti che ti farebbero molto male». L’attore ha denunciato tutto alla Polizia Postale e la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per tentata estorsione.
Sono già stati perquisiti Fabrizio Corona, Martina Ceretti e il pr Federico Monzino, che avrebbe fatto da intermediario. Corona sostiene che «gli audio e le chat mi sono stati inviati volontariamente, non c’è stata alcuna acquisizione illecita», mostrando su Instagram lo scambio con Monzino.
Il pr conferma: «Martina mi ha inviato tutto e mi ha dato il consenso a inoltrare il materiale a Corona». Ma successivamente, «una volta capito l’impatto che poteva avere, mi ha chiesto di fermare tutto. Io ho rispettato la sua volontà, ma Corona ha pubblicato lo stesso». Questo ripensamento, se confermato, annullerebbe il consenso iniziale, rendendo illecita la diffusione successiva dei contenuti. Ma anche se la modella avesse dato un consenso scritto, sarebbe stato sufficiente, visto che si trattava di messaggi privati? E’ lecito dubitarne.
Proprio per questo ora la parola passa al Garante per la protezione dei dati personali, che dovrà valutare se si configura una violazione dell’articolo 167 del Codice della privacy: una norma che punisce penalmente chi diffonde dati personali senza consenso, per trarre profitto o arrecare danno.
Nel frattempo, l’inchiesta aperta a Roma cercherà di chiarire se la pubblicazione degli audio possa configurare una forma di ricatto ai danni dell’attore, ipotesi che aggraverebbe ulteriormente la posizione degli indagati. Il caso è destinato a fare scuola sui limiti della diffusione online dei dati personali, in particolare in un contesto di gossip e viralità incontrollata.