
Baby gang: l’evoluzione del crimine tra violenza e social network

Negli ultimi anni, le baby gang sono diventate un fenomeno sempre più preoccupante nelle città italiane, con un’evoluzione che va oltre i confini della criminalità giovanile tradizionale. Cresciute durante e dopo il periodo della pandemia da Covid-19, queste bande giovanili non solo si sono fatte più violente e organizzate, ma sfruttano anche i social network per pianificare raid, condividere video e aumentare la propria notorietà. Da insulti online a scontri fisici, passando per atti di vandalismo, furti e spaccio, i membri di queste gang cercano visibilità e potere tra i loro coetanei.
Le maxi-risse come quella al Pinco, ripresa da decine di smartphone e successivamente diffusa in rete, sono diventate l’arma preferita di queste bande per intimidire e affermare il proprio dominio. Scontri programmati attraverso chat e social media si sono trasformati in veri e propri appuntamenti per i ragazzi, spesso tra i 14 e i 18 anni, che si sfidano per questioni banali o per rivalità legate a territori e gruppi.
Le forze dell’ordine segnalano un aumento significativo di questi episodi, con gruppi di giovani che si riuniscono per aggredire fisicamente i coetanei o per mettere a segno piccoli furti, spesso nei pressi delle scuole o in aree periferiche delle città. La diffusione dei video online è diventata parte integrante del fenomeno, dove la violenza è esibita come trofeo, alimentando il mito del “branco”. Le baby gang non operano solo con l’obiettivo di colpire, ma cercano la visibilità che i social network garantiscono, creando un senso di appartenenza e approvazione tra i membri.
Il fenomeno è trasversale e non conosce limiti geografici. Coinvolge tanto ragazzi italiani quanto stranieri, con l’espansione delle attività criminali anche in zone della città precedentemente considerate sicure. Il quartiere di Caffarella, per esempio, è stato recentemente teatro di furti e atti vandalici organizzati da questi gruppi.
Un aspetto preoccupante è l’abbassamento dell’età media dei membri delle gang. Si osservano sempre più frequentemente minori di appena 12-13 anni coinvolti in episodi di violenza. Le autorità scolastiche e genitoriali stanno cercando di intervenire, ma la sfida è complessa, poiché le piattaforme digitali permettono un’organizzazione rapida e difficile da monitorare.
Gli esperti del settore sottolineano come la pandemia abbia favorito l’esplosione del fenomeno, portando a una crescita esponenziale di giovani coinvolti in atti criminali. L’isolamento sociale, unito alla chiusura prolungata delle scuole e dei luoghi di aggregazione, ha alimentato il bisogno di appartenenza che molti giovani hanno cercato nelle baby gang.
La sfida per contrastare questo fenomeno è aperta. Le forze dell’ordine stanno potenziando la sorveglianza, mentre si cercano soluzioni educative per allontanare i giovani dalla spirale di violenza che sta coinvolgendo sempre più ragazzi.