
La Capitale della polvere bianca: sequestri record e pugno di ferro contro i clan
Nella Capitale il mercato degli stupefacenti non conosce soste, alimentato da una domanda di cocaina e cannabinoidi che cresce costantemente, in particolare durante i periodi festivi. Nemmeno il maxi sequestro di quasi 138 chili di cocaina avvenuto recentemente presso il porto di Civitavecchia sembra aver scalfito la capacità di approvvigionamento delle grandi organizzazioni criminali. Le riserve strategiche accumulate dalle consorterie hanno permesso di colmare rapidamente lo squilibrio, confermando come il narcotraffico romano poggi su basi logistiche estremamente solide e ramificate.
Di fronte a questa escalation, lo Stato ha risposto con un provvedimento senza precedenti per la criminalità di origine albanese attiva nel Lazio: l’applicazione del regime di 41 bis nei confronti di Elvis Demce. Considerato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma come l’ex braccio destro di Fabrizio Piscitelli, Demce rappresenta una figura chiave nel controllo del traffico di droga cittadino. Già condannato in via definitiva a 15 anni, la sua sottoposizione al carcere duro segna un punto di svolta nella strategia di contrasto alle mafie straniere radicate sul territorio. Una decisione che i suoi legali hanno già impugnato, chiedendo la sospensione del provvedimento al tribunale di Sorveglianza.
Mentre nelle aule di giustizia si combatte questa battaglia formale, per le strade di Roma le autorità hanno intensificato le operazioni di contrasto. In appena un mese, l’azione coordinata di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza ha portato al sequestro di oltre tre tonnellate di sostanze stupefacenti. Le attività più recenti, condotte dalla Squadra Mobile tra Tor Bella Monaca e il Villaggio Prenestino, hanno confermato che la cocaina, nelle sue varianti cruda o cotta (crack), resta il prodotto più richiesto. Emblematico quanto emerso sul litorale di Ostia, dove i gestori delle piazze imponevano ai pusher i prezzi minimi: «Mai scendere sotto ai cinque euro per una dose», era l’ordine tassativo per mantenere alti i margini di profitto nonostante la disperazione dei clienti.
L’evoluzione delle tecniche di vendita mostra una capacità di adattamento sorprendente. Il modello delivery, consolidatosi durante il periodo della pandemia, è diventato lo standard in molte borgate come Malafede e Fidene. Qui, le basi di stoccaggio riforniscono una staffetta continua di utilitarie, spesso prese a noleggio attraverso concessionarie su cui la Procura ha ora acceso i riflettori. L’ingegnosità dei nascondigli ha raggiunto livelli sofisticati: a Ponte Milvio, una donna è stata fermata mentre trasportava lattine di bibite gassate modificate ad arte per contenere decine di dosi di bianca. Altri utilizzano scatole di cereali o comuni confezioni di prodotti da forno per mimetizzare le consegne tra la spesa quotidiana.
Nelle piazze fisiche come il Quarticciolo, la droga viene invece occultata negli arredi urbani, dalle panchine alle cassette della posta, fino a intercapedini create appositamente nelle pareti dei palazzi popolari. Questo flusso incessante non risparmia nemmeno i luoghi simbolo della movida giovanile, da piazza Bologna a Trastevere, dove lo scambio di dosi avviene a pochi metri dai locali più frequentati. La sfida per le forze dell’ordine resta quella di colpire non solo la manovalanza, ma di prosciugare le fonti di rifornimento che, nonostante i colpi inferti, continuano a rigenerarsi con inquietante rapidità.
M.M.