
Giubileo, chiusa la Porta Santa di San Giovanni: l’Anno Santo verso la fine
Nel silenzio carico di attesa, la grande Porta Santa della basilica di San Giovanni in Laterano è stata chiusa, segnando quasi la conclusione del Giubileo della Speranza. Le ante monumentali, attraversate nel corso del 2025 da decine di milioni di pellegrini, si sono lentamente riallineate tra il rumore sordo dei perni e dei cardini, fino a sigillare simbolicamente un anno che per la Chiesa cattolica ha rappresentato un forte richiamo alla misericordia, alla pace e alla riconciliazione. Alla cerimonia erano presenti, in prima fila, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e il prefetto di Roma Lamberto Giannini, testimoni istituzionali di un momento destinato a entrare nella storia recente della Capitale e della cristianità.
La Porta Santa resterà ora murata, come quelle delle altre basiliche patriarcali, fino al 2033, anno in cui si celebreranno i duemila anni della Resurrezione di Cristo. Una data già presente nell’orizzonte della Chiesa, che mentre chiude l’Anno Santo appena concluso guarda al futuro con una prospettiva di lungo periodo. Nel frattempo, fino all’ultimo, non sono mancate le code di pellegrini “ritardatari”, giunti in Vaticano per attraversare ancora una volta la Porta e ottenere l’indulgenza plenaria concessa durante il Giubileo.
Nei giorni precedenti erano già state chiuse le Porte Sante delle altre basiliche romane. A Santa Maria Maggiore il rito è stato officiato dal cardinale Rolandas Makrickas, accompagnato dai rintocchi della storica campana della “Sperduta”, legata a una leggenda medievale che racconta di una pellegrina salvata dal suono nella notte. A San Paolo fuori le Mura la chiusura è stata affidata al cardinale Harvey, mentre solo per il rito conclusivo di San Pietro, il 6 gennaio, è prevista la presenza diretta di Papa Leone XIV, che ha delegato ai cardinali titolari le altre celebrazioni.
Il bilancio del Giubileo viene considerato positivo negli ambienti vaticani, non soltanto per i numeri – circa 32 milioni di pellegrini – ma per il messaggio che per un anno intero è stato rilanciato al mondo. Il Giubileo della Speranza, indetto da Papa Francesco e portato a compimento da Leone XIV, ha insistito sulla centralità della grazia divina e sull’immagine di una porta sempre aperta, non solo fisica ma spirituale. «Un anno in cui si è ricordato che Dio non è lontano e che la misericordia è più forte del peccato», viene sottolineato Oltretevere, come lascito principale di questo Anno Santo.
Un richiamo forte è arrivato anche dalla Diocesi di Roma. Nell’omelia pronunciata al Laterano, il cardinale Baldassarre Reina ha tracciato un quadro critico della situazione sociale della Capitale, elencando una serie di “assenze” che segnano il tessuto urbano e umano della città. «Assenza di attenzione alle miserie economiche ed esistenziali, assenza di fraternità, assenza di giustizia e di visione», ha denunciato, parlando di famiglie fragili, dipendenze, disuguaglianze tra centro e periferie e di un mondo in cui «prevale la logica del più forte». Un passaggio che ha richiamato temi cari a Papa Francesco, ma che si inserisce nel nuovo corso organizzativo voluto da Leone XIV, dopo il motu proprio che ha ripristinato l’assetto tradizionale della diocesi.
Alla fine, la domanda su cosa resti di questo Giubileo trova una risposta nelle parole dello stesso cardinale Reina: «Comincia un tempo nuovo per la nostra Diocesi. Uniamo le nostre forze per essere luogo che rivela la presenza del Signore, senza dimenticarci di nessuno». Con la Porta Santa chiusa, si apre dunque una fase diversa, in cui il messaggio dell’Anno Santo è chiamato a tradursi nella vita quotidiana della Chiesa e della città.