
Crisi al Garante della Privacy: si dimette il segretario
Un paradosso che ha travolto la stessa istituzione chiamata a tutelare i dati personali: il Garante della Privacy accusato di aver violato la privacy dei propri dipendenti. È questo lo scenario che ha portato alle dimissioni di Angelo Fanizza, segretario generale dell’Autorità, travolto da una vicenda che ha fatto esplodere un caso interno senza precedenti.
Secondo quanto denunciato da Report, Fanizza avrebbe chiesto al dirigente del Dipartimento informatico di estrarre email, accessi vpn, cartelle condivise e sistemi documentali del personale, nel tentativo di identificare la “talpa” che avrebbe fornito informazioni alla trasmissione di Sigfrido Ranucci sull’inchiesta dedicata a presunte spese irregolari e conflitti di interesse del collegio del Garante. «Fanizza ha chiesto di spiare i lavoratori dell’Autorità due giorni dopo la prima puntata dell’inchiesta», scrive Report in un post sui social.
La rivelazione ha scatenato la reazione immediata dei dipendenti. In assemblea, il personale ha votato all’unanimità una richiesta di dimissioni dell’intero collegio. È stato il dirigente della sicurezza informatica a informare i lavoratori dell’irregolarità della richiesta, ritenuta contraria alla normativa sulla protezione dei dati. Da quel momento, il clima interno è diventato incandescente. La decisione di Fanizza di lasciare l’incarico è arrivata nella tarda serata di ieri.
Il Garante, con una nota diffusa in fretta e furia, ha preso le distanze dall’ex segretario generale: «Il collegio è totalmente estraneo alla comunicazione firmata da Fanizza», precisando che un accesso indiscriminato ai dati personali dei dipendenti «può costituire violazione della privacy». Ma la separazione formale non sembra aver placato le polemiche.
Fanizza, magistrato del Tar del Lazio e docente universitario, era stato nominato il 10 ottobre e sarebbe dovuto restare in carica fino al 2027. Non ha motivato pubblicamente le sue dimissioni, ma è evidente che le pressioni interne dopo l’inchiesta televisiva hanno avuto un ruolo determinante. La trasmissione di Rai3 aveva puntato i riflettori sui rapporti e i potenziali conflitti d’interesse di diversi componenti del collegio, a partire da Agostino Ghiglia, per i suoi legami con Fratelli d’Italia, fino al garante Scorza, già socio dello studio legale E-Lex, coinvolto in dossier all’esame dell’Autorità.
Nel mirino anche il presidente Pasquale Stanzione, per i rapporti con la famiglia Sica, vicina all’ex ministro Gennaro Sangiuliano, oltre che per collaborazioni con la Link Campus University. Quelle di Report sono accuse che hanno scosso fortemente l’immagine dell’istituzione, già segnata da contestazioni interne per alcune spese considerate ingiustificate.
La politica non è rimasta a guardare. «Il personale interno denuncia opacità e conflitti d’interesse: serve un passo indietro immediato», commenta il capogruppo M5S in commissione di Vigilanza Rai, Dario Carotenuto. Per Sandro Ruotolo, europarlamentare del Pd, la situazione è ormai compromessa: «L’Autorità è in piena crisi. I lavoratori hanno votato una mozione di sfiducia contro l’intero collegio».
La vicenda, che ha aperto una ferita profonda nell’istituzione garante dei dati personali, è tutt’altro che chiusa. Le dimissioni di Fanizza potrebbero essere solo il primo atto di una crisi destinata a lasciare il segno.