
Roma, colpo da Louis Vuitton: ecco come viene ricettata la merce
Non valgono quanto gioielli, eppure alcune borse iconiche superano tranquillamente le tre cifre decimali. Soprattutto, sono più facili da piazzare e finiscono rapidamente in un mercato parallelo dove conta solo averle, non da dove provengano. È per questo che, tra i quasi 300 pezzi rubati alla maison Valentino tra il 2024 e il 2025, non è tornato indietro neppure un articolo. Stessa sorte per borse e portafogli sottratti da Fendi a largo Goldoni: tutto scomparso, probabilmente rivenduto in pochi giorni.
Un destino che, secondo gli investigatori, potrebbe attendere anche i 140 pezzi sottratti domenica notte dal magazzino Louis Vuitton in via Mario de’ Fiori. La banda, che potrebbe essere collegata al colpo messo a segno da Valentino la scorsa estate, ha portato via articoli per un valore di 307 mila euro, con una media di circa 2.000 euro a oggetto. «Piazzarli tutti può fruttare almeno 200 mila euro», stimano fonti vicine alle indagini.
La domanda è sempre la stessa: come si fa a far sparire così rapidamente prodotti così riconoscibili? La ricettazione delle borse di lusso non segue i canali dell’alta gioielleria. «È molto più un lavoro di strada», spiega un investigatore che anni fa ha smantellato una banda di ladri latinoamericani specializzati nei furti nelle boutique del Centro. All’epoca si trattava di articoli con il taccheggio, rubati direttamente dagli scaffali; oggi, colpendo magazzini interni, la refurtiva risulta più difficile da tracciare e più facile da “ripulire”.
Il primo canale è l’esportazione immediata, spesso entro poche ore dal furto. La merce viene spedita – non trasportata manualmente – verso altre città o Paesi dove complici attendono il carico. Le inchieste degli ultimi mesi confermano che quasi mai sono stati intercettati furgoni pieni di borse ai confini: segno che le spedizioni, soprattutto tramite corrieri anonimi, funzionano in modo rapido ed efficace.
A Roma, a differenza di altre capitali europee, è raro trovare accessori di lusso nei mercati abusivi come quello dell’Esquilino, dove prevalgono elettronica, capi d’abbigliamento e piccoli oggetti rubati. Più probabile, spiegano gli investigatori, che la refurtiva finisca su canali meno evidenti: mercatini dell’antiquariato, piattaforme di vendita online, gruppi social o profili anonimi specializzati nella compravendita dell’usato. «Tempo fa una donna, navigando su un portale di annunci, ritrovò alcune sue borse in vendita da un’utente che gliele aveva rubate poco prima», ricorda un funzionario di polizia.
Gli articoli nuovi, mai usati, attirano sospetti. Ma basta rovinarli leggermente, sporcarli o graffiarli per renderli “compatibili” con una comune vendita dell’usato. E così le borse rubate cambiano proprietario in modo silenzioso, difficilissimo da intercettare.
Intanto, mentre le indagini sul colpo Louis Vuitton proseguono, gli esperti concordano: anche questa volta il bottino rischia di dissolversi nel nulla, inghiottito da un mercato nero sempre più veloce e sofisticato.