
Roma, “Herbarie, le chiamavano streghe” all’Auditorium
Roma accoglie una nuova edizione di “Herbarie, le chiamavano streghe”, spettacolo firmato da Silvia Pietrovanni e prodotto da Argillateatri all’interno del progetto Città Visibile, promosso da Roma Capitale e realizzato in collaborazione con Zètema Progetto Cultura per il Giubileo 2025. L’appuntamento è fissato per domenica 16 novembre alle 18.30 all’Auditorium Municipale Pasquale De Angelis, nel cuore dell’VIII Municipio. L’ingresso è gratuito fino a esaurimento posti.
Il testo — adattato da Isabella Moroni — porta in scena tre attrici, Silvia Mazzotta, Brunella Petrini ed Elena Stabile, nei ruoli di Lucia, Mercuria e Caterina. Le tre erboriste rappresentano tre generazioni di donne depositarie di un sapere antico, spirituale e pratico: la domina herbarum, figura chiave nelle comunità rurali del passato, al tempo celebrata dal popolo ma osteggiata dal potere. «Un lavoro di ricerca storica e sacra sulla figura ancestrale dell’erborista del popolo e sulla distruzione del sapere femminile», spiegano le autrici dell’allestimento.
Sul palco, Lucia ripercorre la memoria della sua famiglia: dalla nonna Mercuria, custode di rituali e guarigioni, alla madre Caterina, fino a sé stessa. Sono tessitrici di destini, simili alle Moire del mito; sono levatrici, speziale, guaritrici, donne di ascolto e cura; sono figure indispensabili in un mondo che spesso, però, le ha perseguitate. A spezzare questo equilibrio interviene la figura dell’Inquisitore, simbolo di un’autorità che ieri come oggi diffida della medicina popolare e della conoscenza femminile, rivalutando solo quella “dotta” e maschile. Mercuria soccombe, ma il sapere continua a vivere attraverso le generazioni che la seguono.
“Herbarie” si propone come un affresco potente che intreccia passato e presente. È un omaggio alle donne che per secoli hanno coltivato e tramandato conoscenze legate alla terra, ai ritmi naturali e alla cura del corpo, spesso perseguitate come streghe. La regia di Ivan Vincenzo Cozzi sottolinea le sfumature politiche e simboliche di una narrazione che affronta il rapporto tra guarigione e potere, tra sapere ufficiale e sapere popolare: «Una narrazione che conduce passo dopo passo a scoprire sia il lato vitale, sia quello buio del rapporto fra donna, guarigione e potere», spiega la compagnia. Le musiche originali di Tito Rinesi, i costumi di Marco Berrettoni e le luci di Andrea Memoli completano un allestimento evocativo e sensoriale.
Questa nuova edizione vede anche la collaborazione con il Tex Lab del Centro Diurno di Villa Lais (DSM Asl Roma 2). I laboratori di tessitura e sartoria sono stati coinvolti nella realizzazione dei costumi, un percorso che unisce creatività e riabilitazione. «Sono strumenti di riconnessione con la propria storia e la società, contrastando isolamento e stigma», spiega la dottoressa Teresa Mastroianni. Un partenariato che intreccia passato, presente e futuro, rafforzando il messaggio dello spettacolo.
“Herbarie, le chiamavano streghe” diventa così non solo un evento culturale, ma una riflessione viva sull’eredità del sapere femminile e sulle sue continue risonanze nella contemporaneità.