
Istat, prezzi del cibo alle stelle: in quattro anni rincari fino al 32%
La corsa dei prezzi alimentari continua a pesare sui bilanci delle famiglie italiane. Secondo una recente analisi dell’Istat, tra il 2021 e il 2025 il costo del cibo è cresciuto di quasi il 25%, rendendo la spesa quotidiana un capitolo sempre più oneroso, soprattutto per i nuclei a basso reddito. A incidere sono stati fattori globali — dalla crisi energetica alla guerra in Ucraina — ma anche elementi climatici e dinamiche speculative che hanno trasformato il carrello della spesa in un vero salasso.
Mangiare, nel 2025, è diventato “un lusso”. È questa la fotografia che emerge dal rapporto Istat, secondo cui la sola voce cibo rappresenta oggi il 16,6% della spesa complessiva degli italiani. Per i nuclei meno abbienti, la quota è ancora più alta e rende i rincari particolarmente difficili da assorbire.
Tra ottobre 2021 e ottobre 2025 i beni alimentari hanno registrato un’impennata del 24,9%, quasi otto punti in più rispetto all’aumento dell’indice generale dei prezzi al consumo. In particolare, il costo degli alimentari freschi è salito del 26,2%, mentre i lavorati sono aumentati del 24,3%.
L’Unione Nazionale Consumatori segnala rincari record nelle categorie quotidiane: cacao e cioccolato in polvere (+21,8%), caffè (+21,1%), carne e uova (+7%), riso (+4,6%). Una spirale che ha spinto il Codacons a chiedere un intervento delle autorità di controllo: «È necessario avviare un’indagine approfondita sui listini alimentari per individuare possibili anomalie nei prezzi», denuncia l’associazione.
L’Istat parla di una combinazione di fattori esterni che ha alimentato la crescita dei prezzi in questi quattro anni. La prima spinta è arrivata nel 2021, con la ripartenza economica post-pandemia e il boom della domanda globale che si è scontrato con le difficoltà delle catene di approvvigionamento.
A ciò si è aggiunto, nel 2022, l’effetto della guerra in Ucraina, che ha provocato un incremento eccezionale dei prezzi energetici: in Italia la bolletta energetica è aumentata del 76% tra ottobre 2021 e novembre 2022, contro la media europea del 38,7%.
L’aumento dei costi di energia e fertilizzanti ha prodotto un effetto domino sull’intera filiera alimentare, facendo lievitare i prezzi sia dei prodotti freschi sia di quelli trasformati. I prezzi alla produzione dell’industria alimentare sono cresciuti del 21,4% tra il 2021 e il 2023, secondo l’Istat.
Il fenomeno non ha riguardato solo l’Italia: Paesi come la Germania (+32,8%) e la Spagna (+29,5%) hanno registrato aumenti ancora più alti.
Se il biennio 2022-2023 ha segnato il picco dell’inflazione alimentare, oggi si intravedono timidi segnali di raffreddamento. A ottobre, l’inflazione generale è scesa all’1,2%, mentre i prezzi dei beni alimentari hanno rallentato dal +3,5% di settembre al +2,5%. Un calo legato sia alla stabilizzazione dei costi energetici sia a un miglioramento delle dinamiche di produzione.
Il quadro resta comunque complesso: i prezzi sono più alti rispetto al periodo pre-crisi e il divario generato negli ultimi quattro anni difficilmente potrà essere recuperato nel breve periodo. Le associazioni dei consumatori insistono sulla necessità di interventi strutturali e di controlli più incisivi per evitare nuove fiammate inflattive.