
PA, un terzo dei dipendenti andrà in pensione entro dieci anni
La pubblica amministrazione italiana sta vivendo un passaggio cruciale. Dopo anni di blocco del turn over e contenimento della spesa, la macchina dello Stato si avvia verso un profondo ricambio generazionale. Secondo i dati dell’Osservatorio Inps, un terzo dei dipendenti pubblici andrà in pensione entro il 2035, con un’età media che oggi ha raggiunto i 52 anni. La fascia più numerosa, quella tra i 55 e i 59 anni, conta quasi 662 mila lavoratori.
L’invecchiamento del pubblico impiego è il risultato di un decennio di vincoli finanziari, che hanno congelato le assunzioni. Ora, però, si apre una fase nuova. Il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo ha ricordato che nel biennio 2023-2024 sono stati assunti 439 mila nuovi dipendenti, con un’età media di 39 anni, e che nel 2025 sono già previsti 15 mila concorsi per altre 175 mila assunzioni. In totale, oltre 600 mila nuovi ingressi in tre anni. Il risultato è già visibile: l’età media complessiva nella PA è scesa a 47 anni.
Un rinnovamento così rapido porta con sé nuove sfide. La prima riguarda l’attrattività del pubblico impiego in un mercato del lavoro in cui i profili tecnici e digitali sono sempre più contesi dal settore privato. Per trattenere e attrarre talenti, il governo punta su stipendi più competitivi e percorsi di carriera più dinamici. Nel 2025, la tornata contrattuale ha portato aumenti medi del 6%, e già sono stati stanziati 10 miliardi di euro per il rinnovo dei contratti 2025-2027.
Il secondo tassello del piano è la valorizzazione del merito. È in discussione in Senato una legge che consentirà ai funzionari più qualificati di accedere alla dirigenza senza passare necessariamente per un nuovo concorso, ma sulla base di risultati e valutazioni professionali. A ciò si aggiunge la previsione di almeno 40 ore di formazione continua all’anno, un requisito ormai imprescindibile per aggiornare le competenze in un’amministrazione sempre più digitale.
Tuttavia, non tutte le realtà pubbliche offrono lo stesso grado di attrattività. Agenzia delle Entrate e Inps continuano a registrare un alto numero di candidati ai concorsi, ma il problema riguarda la cosiddetta “linea di fronte” dello Stato: infermieri, agenti di polizia, personale penitenziario. Professioni che richiedono sacrificio e spirito di servizio, ma che oggi faticano a trovare nuove leve. In sanità si sopperisce già con l’arrivo di personale dall’estero, in particolare da Cuba e India, mentre nel comparto sicurezza si teme un calo strutturale delle vocazioni.
L’obiettivo del governo è duplice: garantire un ricambio generazionale ordinato e restituire dignità e prospettive al lavoro pubblico. Ma la sfida, più che numerica, sarà culturale: trasformare la pubblica amministrazione in un ambiente capace di attrarre giovani preparati, valorizzarne le competenze e renderli protagonisti della modernizzazione del Paese.