
Roma, condannata la “banda dello spurgo” per truffe e minacce ai clienti
Si è chiuso con otto condanne il primo capitolo giudiziario della vicenda della cosiddetta “banda dello spurgo”, il gruppo che per anni ha truffato decine di cittadini romani fingendo di offrire servizi idraulici urgenti e arrivando, in molti casi, a minacciare le vittime che chiedevano spiegazioni. Il gup di Roma ha inflitto pene complessive per 23 anni di carcere, con la condanna più alta — sette anni — al presunto capo dell’organizzazione, Michael Paludi, accusato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’estorsione.
Oltre a Paludi, sono stati condannati Maurizio Ianni (5 anni), Edoardo Balocchi (2 anni e 8 mesi), Tiziano Guglielman (2 anni e 6 mesi), Michael Rao (2 anni e 4 mesi), Rasith Champika Jayasinghe Arachchilage (2 anni), Andrea Timpano (1 anno e 6 mesi) e Ludovica Avanzini, compagna del capo, a 1 anno. Tutti hanno scelto il rito abbreviato. L’indagine, denominata “Pecunia non olet” e coordinata dalla Procura di Roma, aveva portato all’arresto di tredici persone nel novembre scorso. Grazie a intercettazioni, pedinamenti e tracciamenti bancari, gli investigatori hanno ricostruito un sistema organizzato e spregiudicato che colpiva clienti di ogni categoria: avvocati, ristoratori, imprenditori, medici, ma anche anziani e vedove.
Il copione era sempre lo stesso: un cliente, in emergenza, contattava tramite internet una ditta di “pronto intervento spurgo”. Appena arrivati sul posto, gli operai chiedevano 500 euro immediati per iniziare i lavori. «Qui funziona così, per iniziare devi subito pagare», avrebbe detto Paludi ai suoi clienti. Ma l’intervento non risolveva mai il problema: venivano poi proposti nuovi lavori “necessari” con costi gonfiati e senza preventivi chiari. L’obiettivo era non riparare mai davvero la tubatura: «Il segreto è non stappare mai!», avrebbe spiegato Paludi ai suoi collaboratori. Ogni cliente veniva valutato in base alla presunta capacità economica: «Quando entro in casa tua ti ho già fatto i raggi X, capisco se hai i soldi o no», avrebbe detto agli operai.
Quando qualcuno si accorgeva della truffa o si rifiutava di pagare, scattavano le minacce. «O paghi o vengo lì e ti faccio capire come funziona la vita», avrebbe detto Paludi a un imprenditore romano. In un altro caso, due ristoratori di via Cavour sarebbero stati costretti a versare un bonifico istantaneo dopo essere stati intimiditi con la frase: «Vi spacco tutto e vi do fuoco al locale se non pagate». Gli operai, per peggiorare la situazione, avrebbero addirittura “tappato nuovamente” le fosse con rifiuti e bastoni di legno.
La difesa di Paludi, rappresentata dagli avvocati Giuliana Locci e Andrea Ercolani, ha annunciato l’intenzione di ricorrere in appello. «Dobbiamo leggere le motivazioni, ma riteniamo che il fatto possa essere riqualificato diversamente», ha dichiarato la legale. L’inchiesta, che ha svelato un sistema criminale ai danni di decine di cittadini, potrebbe ora proseguire con nuovi sviluppi. Le indagini mirano infatti a individuare ulteriori complici e connessioni finanziarie dietro il meccanismo fraudolento che, per mesi, ha lucrato sulla buona fede e sulle emergenze dei romani.
M.M.