
Sanità, firmato il nuovo contratto 2022-2024: aumenti in busta paga
Buone notizie per circa 600mila lavoratori del Servizio sanitario nazionale: a novembre arriveranno gli aumenti in busta paga, con incrementi medi di 172 euro mensili e arretrati tra i 900 e i 1.300 euro a seconda della qualifica. È quanto previsto dal nuovo contratto collettivo nazionale 2022-2024 per il personale non medico — infermieri, tecnici e amministrativi — firmato da Cisl Fp, Fials, Nursind e Nursing Up. Restano invece fuori Cgil e Uil, che giudicano insufficienti le risorse stanziate e chiedono adeguamenti più coerenti con l’inflazione.
Il contratto non si limita ad aumentare stipendi e indennità — fino a 250 euro in più per chi lavora nei pronto soccorso — ma introduce anche importanti innovazioni normative per migliorare l’equilibrio tra vita e lavoro. Arrivano le ferie solidali, le ferie a ore, forme di part-time agevolato e la possibilità di limitare i turni notturni per gli over 60. Le aziende sanitarie dovranno inoltre coprire le spese legali degli operatori vittime di aggressioni durante il servizio.
Tra le novità più rilevanti c’è l’introduzione, in via sperimentale, della settimana lavorativa di quattro giorni, mantenendo comunque le 36 ore complessive, e l’estensione dei buoni pasto anche a chi lavora da remoto. Entra poi in vigore il nuovo profilo professionale di assistente infermiere e viene ampliata la platea di dipendenti che possono accedere all’area di elevata qualificazione.
Soddisfatto il presidente dell’Aran Antonio Naddeo, che ha definito l’intesa «una trattativa difficile ma positiva, che rappresenta una buona base per il prossimo contratto».
Per Roberto Chierchia, segretario generale della Cisl Fp, «questo contratto restituisce finalmente tutele e riconoscimenti a chi ogni giorno garantisce il servizio sanitario nazionale». Chierchia guarda già al futuro e chiede di «avviare subito la trattativa per il rinnovo 2025-2027, come misura anti-inflattiva per i lavoratori».
Sulla stessa linea Andrea Bottega del Nursind, che auspica la chiusura del prossimo contratto «entro l’anno, per ridurre la perdita di potere d’acquisto causata dall’inflazione». Per Antonio De Palma, presidente del Nursing Up, l’accordo «è un punto di partenza che riconosce il ruolo dei professionisti sanitari ex legge 43/2006». Anche Giuseppe Carbone della Fials parla di «una boccata d’ossigeno per chi tiene in piedi la sanità pubblica italiana».
Molto più severo il giudizio della Fp Cgil, che stima una perdita reale rispetto al costo della vita. Secondo la segretaria generale Rita Longobardi, «l’aumento medio netto è di circa 40 euro al mese, mentre le indennità sono ferme da anni e manca il riconoscimento dell’esclusività e dell’adeguamento del buono pasto».
Il confronto ora si sposta sul nuovo triennio 2025-2027, per il quale il governo ha già stanziato fondi che garantiranno un aumento medio del 6,9%. Le trattative dovrebbero partire a breve, con la sanità e le funzioni centrali tra i primi comparti coinvolti.