
Roma, antiquario a processo per una tentata estorsione da 1 milione di euro

Da figura di spicco nel mondo dei libri antichi a protagonista di una nuova vicenda giudiziaria. L’antiquario Maurizio Bifolco, già noto per la condanna nel caso del saccheggio della biblioteca dei Girolamini di Napoli, è ora imputato a Roma per tentata estorsione in concorso con persone ancora non identificate. Secondo l’accusa, avrebbe cercato di ottenere da un collega libraio, Filippo R., somme di denaro per un valore fino a un milione di euro, attraverso pressioni e presunte minacce rivolte anche ai familiari della vittima.
La vicenda, ricostruita dalla Procura e dall’avvocato della parte civile Francesco Emanuele Salamone, prende avvio nel 2014, quando Bifolco avrebbe chiesto al collega 100mila euro, sostenendo che gli fossero dovuti per il supporto fornito anni prima nell’apertura di una libreria. Negli anni successivi, la cifra pretesa sarebbe salita prima a 400mila euro, poi al doppio, fino a raggiungere un milione. A sostegno delle richieste, sarebbero arrivate telefonate anonime a carico della compagna e dell’ex moglie della vittima, con minacce gravi. «Se non paghi, succederà qualcosa a tuo figlio», avrebbe detto una voce con accento siciliano, secondo quanto riportato dagli inquirenti. Le chiamate sarebbero partite da telefoni pubblici situati in via Tuscolana e nella zona di Termini, a Roma.
Non è la prima volta che Bifolco finisce davanti ai giudici. Nel marzo 2024 è stato condannato in primo grado a cinque anni e sei mesi di reclusione per il furto di 1.500 volumi antichi trafugati tra il 2011 e il 2012 dalla celebre biblioteca dei Girolamini di Napoli. Un colossale scandalo culturale che portò a sei condanne e altrettante assoluzioni dopo undici anni di processo. Bifolco fu ritenuto uno dei promotori dell’organizzazione che depredò la biblioteca, trasformando gli scaffali storici in un magazzino privato di rarità da rivendere o regalare. Oltre alla pena, il tribunale dispose anche la confisca dei beni personali dell’antiquario, già sotto sequestro.
Nel nuovo processo, il maresciallo dei carabinieri che ha condotto le indagini ha confermato in aula che alcune chiamate mute erano partite dall’utenza telefonica di Bifolco. Ha inoltre riferito di minacce risalenti al 2019, mentre le prime richieste di denaro sarebbero datate cinque anni prima. In aula ha testimoniato anche la madre della vittima, che in passato aveva avuto una relazione con l’imputato: «Eravamo rimasti in buoni rapporti, poi lui ha iniziato a chiedere soldi a mio figlio per motivi che non capivamo», ha raccontato. La difesa, rappresentata dall’avvocato Domenico Casciaro, respinge ogni accusa, sostenendo che «non esiste alcun legame tra Bifolco e le telefonate anonime» e che le richieste economiche «potrebbero riferirsi a vecchie compravendite di libri, non a estorsioni».
Resta ora al tribunale di Roma stabilire se l’ex antiquario dei Girolamini abbia davvero tentato di estorcere denaro al collega o se, come sostiene la difesa, le richieste fossero legate a vecchie dispute professionali. Una storia che aggiunge un nuovo capitolo oscuro alla parabola di un uomo un tempo rispettato nel mondo della cultura e oggi sempre più inghiottito nelle ombre delle sue stesse vicende giudiziarie.