
Dopo 50 anni, Goldrake torna in tv sulla Rai: ed è boom di ascolti

“Si trasforma in un razzo missile, con circuiti di mille valvole, tra le stelle sprinta e va, mangia libri di cibernetica, insalate di matematica, e a giocar su Marte va”: alzi la mano chi ha almeno cinquant’anni e non ha sa a memoria le parole della sigla più famosa dei cartoni animati. Era il 4 aprile 1978 quando Maria Giovanna Elmi, in un’introduzione che cercava di placare le prime polemiche sulla violenza dei cartoni giapponesi, annunciava al pubblico italiano l’arrivo di Ufo Robot Goldrake. Quella serie, firmata da Gō Nagai e già in onda in Giappone dal 1975, stava per cambiare per sempre la televisione per ragazzi. Cinquant’anni dopo la sua prima apparizione, la Rai ha deciso di riproporla integralmente, con 75 episodi – tre dei quali inediti in Italia – in onda ogni domenica alle 19 su Rai2.
Il ritorno del “robottone” è stato un trionfo. I primi due episodi, trasmessi dopo Tg2 Dossier, hanno visto lo share salire dall’1,6% al 4,6%, segno di un entusiasmo che ha travolto social e gruppi di appassionati. Non solo nostalgia, ma il riconoscimento di un fenomeno culturale che, tra gli anni Settanta e Ottanta, rivoluzionò l’immaginario collettivo. Per molti bambini di allora, Goldrake rappresentò il passaggio simbolico dall’infanzia al mondo adulto, con storie di guerra, dolore e speranza raccontate attraverso un linguaggio mai visto prima.
A ricordarlo è la stessa Maria Giovanna Elmi, che all’epoca presentava la trasmissione Buonasera con…: «Goldrake era una serie molto diversa da tutto ciò che si era visto. In Rai c’erano state molte resistenze, perché considerato troppo violento, ma quella violenza era sempre a fin di bene». E proprio quell’intensità emotiva, che spaventava i genitori, fu la chiave del successo tra i giovani.
Il fumettista Carmine Di Giandomenico, classe 1973, oggi autore per Marvel, DC Comics e Bonelli, ricorda: «Se sono diventato fumettista è anche grazie a Goldrake. Tutti i bambini della mia generazione hanno provato a disegnarlo. Gō Nagai aveva capito come parlare con noi, in un’epoca in cui i bambini non erano ascoltati». A comprendere il segreto della serie fu anche Gianni Rodari, che sottolineò la capacità dei personaggi di trasmettere empatia e sofferenza insieme ai loro robot: “Gridavano, soffrivano, si battevano: erano vivi”.
La rivoluzione passò anche dalla musica. La celebre sigla, composta da Vince Tempera e scritta da Luigi Albertelli, fu interpretata dagli Actarus, gruppo che includeva anche Fabio Concato. «I bambini erano abituati allo Zecchino d’Oro – racconta Tempera – ma per Goldrake serviva qualcosa di nuovo. Creammo un suono da discoteca, più moderno. In due anni le nostre sigle vendettero cinque milioni di dischi e cambiarono tutto. Nacque un genere».
Oggi, il ritorno in televisione sancisce Goldrake come un monumento della cultura pop italiana. Un simbolo capace di unire generazioni diverse e di ispirare ancora progetti contemporanei. Come quello ideato dallo stesso Di Giandomenico per una piazza di Teramo: una copertura fotovoltaica ispirata al robot, che avrebbe illuminato uno spazio urbano trasformandolo in un omaggio alla fantasia. «È rimasto nel cassetto, ma il progetto esiste ancora, pronto per qualsiasi città che voglia accoglierlo», racconta l’autore.
A cinquant’anni dal suo esordio, Goldrake non è più solo un cartone animato: è un archetipo, un mito moderno che parla ancora di eroismo, tecnologia e libertà. E, come diceva la sigla che ha fatto la storia, continua a “volare negli spazi siderali” della memoria collettiva.