
Ilaria Salis salva per un voto: sì dell’Europarlamento all’immunità

Ilaria Salis è salva. O “la fa franca”, secondo i suoi detrattori. Con 306 voti favorevoli, 305 contrari e 17 astensioni, il Parlamento europeo ha deciso di confermare l’immunità all’eurodeputata italiana di Alleanza Verdi e Sinistra, mettendo così fine – almeno sul piano politico – alla richiesta ungherese di revoca che avrebbe riaperto il processo a Budapest. Un verdetto arrivato per un solo voto di scarto, in un’aula spaccata e sotto scrutinio segreto, che ha scatenato un vero terremoto politico tra Bruxelles, Budapest e Roma.
L’attivista brianzola, arrestata nel 2023 con l’accusa di aver aggredito due partecipanti a una manifestazione neonazista e rimasta in carcere per 15 mesi in condizioni durissime, ha accolto la notizia tra le lacrime. «È una vittoria per la democrazia, lo stato di diritto e l’antifascismo. La resistenza funziona», ha detto, accolta dagli applausi dei colleghi progressisti e dai fiori consegnati da Mimmo Lucano. Subito dopo, ha ribadito la sua richiesta al ministro della Giustizia Carlo Nordio di poter essere processata in Italia, sottolineando che «la lotta non è finita».
La relazione approvata dall’Europarlamento, firmata dal liberale bulgaro Ilhan Kyuchyuk, sostiene che il procedimento contro Salis sia stato “mosso da una volontà politica e persecutoria” da parte del governo ungherese di Viktor Orbán. Una presa di posizione che ha fatto infuriare Budapest. Il premier ungherese ha accusato l’Ue di «proteggere i suoi» e definito Salis «membro di un gruppo terroristico», estendendo l’attacco anche all’eurodeputato popolare Péter Magyar, oggi suo principale avversario politico, e alla socialista Klara Dobrev.
Ma il voto ha aperto una frattura anche all’interno dell’Europarlamento e del centrodestra europeo. Il leader del Ppe, Manfred Weber, aveva annunciato l’intenzione di votare per la revoca dell’immunità, seguendo la prassi secondo cui questa non si concede per fatti precedenti all’elezione. Tuttavia, il risultato finale lascia intuire un’ondata di franchi tiratori, probabilmente proprio nel Ppe, dove diversi esponenti – in particolare tedeschi e polacchi – avrebbero preferito negare un assist a Orbán, pur in dissenso con la linea ufficiale.
Lo scrutinio segreto e la decisione di rendere pubblica la lista dei votanti solo in un secondo momento hanno alimentato le speculazioni. Secondo le ricostruzioni, almeno una settantina di deputati “ribelli” avrebbero fatto la differenza. Persino un eurodeputato ceco, Tomas Zdechovsky, ha chiesto di ripetere la votazione sostenendo un errore tecnico nella pulsantiera del collega tedesco Markus Ferber, ma la presidente Roberta Metsola ha confermato la validità dello scrutinio.
La vicenda ha avuto immediate ripercussioni in Italia. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha parlato di «trucchetto del voto segreto» e accusato «qualcuno che si dice di centrodestra» di aver votato per salvare Salis, lasciando intendere un riferimento diretto a Forza Italia, i cui eurodeputati siedono nel Ppe. Immediata la replica del vicepremier Antonio Tajani: «Le calunnie e gli insulti non li accettiamo. Siamo sempre stati leali e coerenti. Abbiamo detto qual era la linea, ma a scrutinio segreto votano più di 700 parlamentari…»
Intanto, da Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini ha criticato l’esito del voto, parlando di «invasione del campo giudiziario da parte di quello legislativo». Di segno opposto il commento della segretaria del Pd, Elly Schlein: «In Ungheria Salis non avrebbe avuto un processo giusto. Se nel segreto dell’urna diversi eurodeputati del Ppe e di Forza Italia hanno votato a favore, ben venga».
Con la decisione di Strasburgo, il caso Salis si chiude almeno sul piano istituzionale, ma apre un nuovo fronte politico, tra chi vede nella sua immunità un baluardo democratico e chi, come Salvini, la considera l’ennesimo strappo di un’Europa che – a suo dire – “protegge i suoi”.