
La Francia è nel caos: anche Lecornu è costretto a dimettersi dopo 27 giorni

Il primo ministro francese Sébastien Lecornu ha rassegnato ieri le dimissioni al presidente Emmanuel Macron, che le ha accettate. L’Eliseo ha confermato ufficialmente la notizia, sancendo così la fine del governo più breve nella storia della Quinta Repubblica: appena 27 giorni di mandato. Lecornu, nominato il 9 settembre, avrebbe dovuto presentare oggi all’Assemblea Nazionale la sua dichiarazione di politica generale, ma le crescenti tensioni interne e la mancanza di una maggioranza parlamentare lo hanno spinto a lasciare l’incarico.
In un punto stampa, Lecornu ha spiegato le ragioni della sua decisione: «Non c’erano le condizioni per restare primo ministro», ha detto, definendo il suo compito «difficile, soprattutto in questo momento». Il premier uscente ha ammesso che la formazione del governo «non è stata fluida» e ha denunciato l’atteggiamento «partigiano di alcuni partiti politici». La crisi di fiducia era esplosa dopo le critiche di Bruno Retailleau, leader dei Repubblicani e ministro dell’Interno, secondo cui «la composizione del governo non riflette la rottura promessa».
Lecornu, che non disponeva dei numeri necessari per far approvare la manovra finanziaria di fine mese, è così diventato il primo capo di governo francese con il mandato più breve dell’era repubblicana. Ma sin dall’inizio la scelta di Macron è apparsa discutibile, visto che non c’è una maggioranza parlamentare, a meno di non volersi “piegare” ad un, peraltro complicatissimo, accordo con la sinistra di Mélenchon o la destra di Le Pen. L’unica alternativa percorribile sembra essere quella di nuove elezioni, ma lo scenario che potrebbe uscire dalle urne rischia di perpetuare la situazione di stallo.
Le dimissioni di Lecornu arrivano a meno di due mesi da quelle dell’ex premier Gabriel Attal, che aveva guidato il governo per soli otto mesi. Considerato uno dei fedelissimi di Macron, Attal era stato costretto a lasciare per l’incapacità di mantenere una maggioranza stabile all’Assemblea Nazionale, dove le riforme promosse dall’Eliseo – in particolare quelle economiche e sulla sicurezza – avevano incontrato forti resistenze. Il suo governo, nato a gennaio come tentativo di rilancio dopo le tensioni sulla legge pensionistica, aveva finito per arenarsi tra divisioni interne e l’opposizione crescente sia da destra che da sinistra. Lecornu, nominato come figura di equilibrio tra i due blocchi, avrebbe dovuto ricucire lo strappo, ma la sua esperienza si è rivelata ancora più breve, segno di una crisi politica profonda e strutturale che indebolisce ulteriormente la presidenza Macron.
Le dimissioni hanno scatenato una raffica di reazioni politiche. Il leader del Rassemblement National, Jordan Bardella, ha invocato lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale: «Il premier provvisorio non aveva margini di manovra. Non ci può essere stabilità senza un ritorno alle urne. Il Rassemblement National è pronto a governare», ha dichiarato. Sulla stessa linea la capogruppo Marine Le Pen, che ha parlato di «farsa durata abbastanza» e di «fine del cammino per Macron», chiedendo elezioni anticipate per restituire la parola ai cittadini.
Duro anche il commento della France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, che su X ha chiesto l’«esame immediato della mozione di destituzione di Macron», già firmata da 104 deputati. «Dopo le dimissioni di Lecornu – ha aggiunto – è il presidente a dover rendere conto del caos politico che ha creato». Per la presidente del gruppo parlamentare, Mathilde Panot, «Macron deve andarsene», mentre il socialista Arthur Delaporte ha denunciato «un governo di breve durata che lascia il Paese nel caos».
Dal fronte presidenziale, il leader di Rinascita ed ex premier Gabriel Attal ha parlato di «spettacolo deplorevole offerto da tutta la classe politica», mentre all’Eliseo si studiano le prossime mosse. Macron, che nelle ultime settimane aveva cercato un difficile equilibrio tra centro e destra moderata, dovrà ora individuare un nuovo premier in grado di garantire stabilità e di affrontare l’autunno parlamentare più turbolento del suo secondo mandato.