
Allarme pedofilia: sempre più minori adescati sul web già a 10 anni

Il fenomeno del grooming online è in preoccupante crescita e coinvolge bambini sempre più giovani, in particolare nella fascia tra i 10 e i 14 anni. L’allarme arriva dai carabinieri, che segnalano un aumento delle inchieste legate all’adescamento a fini sessuali. Dietro schermi e chat, adulti si fingono coetanei per conquistare la fiducia dei più piccoli, trasformando amicizie virtuali in trappole pericolose.
Gli adescatori si presentano come ragazzi della stessa età, avviando un lungo processo di corteggiamento virtuale fatto di complimenti, regali e attenzioni. L’obiettivo è guadagnare confidenze e ottenere foto o video a sfondo sessuale, fino ad arrivare a minacce ed estorsioni. “I dati ci parlano di un aumento dei reati di adescamento online, un reato penale previsto dal nostro ordinamento”, spiega il colonnello Barbara Vitale, ufficiale psicologo dei carabinieri ed esperta di reati persecutori. “La fascia di età che più interessa l’adescatore è tra i 10 e i 14 anni”.
Vitale sottolinea come molti adescatori siano adulti insospettabili, spesso incensurati, capaci di muoversi agilmente nei mondi digitali frequentati dai giovani. Conoscono linguaggi, slang e piattaforme come Instagram e TikTok, si insinuano nelle chat di gruppo e selezionano le vittime più vulnerabili, spesso ragazzi soli o con difficoltà di socializzazione.
Il percorso verso l’abuso passa per la costruzione di un rapporto esclusivo, che diventa sempre più intimo. Una volta ottenuti foto o video, arrivano le minacce: diffondere quel materiale online diventa un’arma di ricatto per costringere i minori a nuove concessioni o incontri dal vivo. “Fondamentale la repressione, ma soprattutto la prevenzione”, avverte Vitale. “I genitori devono prestare attenzione a comportamenti sospetti: isolamento, irritabilità, uso ossessivo dei social, cancellazione continua di messaggi. Sono campanelli d’allarme che non vanno ignorati”.
Gli esperti raccomandano un dialogo aperto con i ragazzi e l’utilizzo di strumenti di parental control. “Se un ragazzo ha un profilo social è come se uscisse di casa: non è al sicuro davanti a un monitor”, aggiunge il colonnello, invitando le famiglie a rivolgersi subito alle forze dell’ordine in caso di sospetti.
Emblematico il caso raccontato da un dodicenne ascoltato in escussione protetta. Il ragazzo, vittima di bullismo a scuola, aveva trovato in chat quello che credeva un amico coetaneo. In realtà si trattava di un adulto di 21 anni, con cui aveva intrattenuto un lungo scambio di messaggi. Dopo aver inviato alcune foto in costume, il giovane si è spaventato di fronte alla richiesta di un video esplicito e ha trovato il coraggio di confidarsi con la madre. “Mi ascoltava, potevo raccontargli tutte le mie emozioni”, avrebbe detto agli inquirenti, rivelando quanto fosse profondo e ingannevole il legame instaurato.
Secondo Vitale, casi come questo mostrano quanto sia urgente intervenire: “Internet farà sempre più parte delle nostre vite, anche con l’intelligenza artificiale. Per arrivare ai bambini in tempo, dobbiamo prima arrivare ai genitori”.