
Case occupate, la presenza di minori non può bloccare lo sgombero

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio destinato a segnare la gestione delle occupazioni abusive: la presenza di minori o soggetti fragili non può costituire un ostacolo all’esecuzione di un provvedimento di sgombero. La sentenza riguarda il caso di una donna di Firenze che, per ottenere la liberazione di un capannone di sua proprietà occupato abusivamente, ha dovuto attendere cinque anni, con gravi perdite economiche.
L’immobile, un ex capannone di circa 700 metri quadrati, era stato occupato nel novembre 2013 da una trentina di persone. Nonostante nel 2014 fosse stata disposta la liberazione, l’esecuzione è stata più volte rinviata: dapprima per la presenza di manifestanti, poi per la presenza di famiglie con bambini e persone disabili. Solo nell’aprile 2018 gli occupanti hanno accettato di lasciare la struttura, dopo che il Comune aveva trovato loro sistemazioni alternative.
Il lungo ritardo ha impedito alla proprietaria di ristrutturare e affittare l’immobile, provocandole un danno economico consistente. Il Tribunale di Firenze aveva condannato i Ministeri competenti a un risarcimento di 238mila euro, ridotti in appello a 183mila euro. La Cassazione ha ora confermato definitivamente questa cifra.
I giudici hanno ribadito che l’amministrazione, pur tenendo conto della tutela dei soggetti fragili, non può ritardare l’attuazione dei provvedimenti: «Dopo l’emissione di un provvedimento di sgombero, la pubblica amministrazione è tenuta ad eseguirlo, con modalità idonee ma comunque in tempi ragionevoli». La Suprema Corte sottolinea come le occupazioni abusive generino «gravi tensioni sociali e situazioni di illegalità», lesive non solo dei diritti dei proprietari, ma anche dell’interesse collettivo a una convivenza ordinata e pacifica.
La Cassazione richiama anche i principi affermati dalla Corte costituzionale e dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, secondo cui le autorità hanno l’obbligo di dare piena attuazione alle decisioni giudiziarie. «Non può farsi pesare sul proprietario la sussistenza di problematiche sociali legate all’emergenza abitativa», osservano i giudici, chiarendo che tali questioni spettano allo Stato, che deve farsene carico attraverso gli strumenti di welfare e politiche pubbliche.
La decisione conferma dunque che la tutela dei soggetti fragili resta compito delle istituzioni, ma non può tradursi in una penalizzazione economica e giuridica per i legittimi proprietari. E soprattutto la sentenza toglie un’arma importante ai professionisti dell’occupazione, che spesso hanno utilizzato donne in gravidanza o bambini per occupare gli alloggi bloccandone gli sgomberi. Un passo in più verso il rispetto della legge e della proprietà privata.