
Roma, si fingevano postini per truffare gli anziani: condannati

Si fingevano nipoti o figli in difficoltà, telefonavano ad anziani soli e, con minacce e scuse costruite ad arte, riuscivano a farsi consegnare denaro e gioielli. Il loro sistema criminale, rodato e spietato, ha fruttato decine di migliaia di euro prima che le indagini dei carabinieri lo smascherassero. Ieri a piazzale Clodio sono arrivate le prime sentenze: Antonio Costagliola è stato condannato a 9 anni e 8 mesi, Dario Capone a 3 anni e 4 mesi. Un terzo imputato, Salvatore Grimaldi, sarà processato con rito ordinario.
Il copione era sempre lo stesso. Le vittime – spesso ultranovantenni – ricevevano una chiamata: «Pronto, nonna, ho bisogno di soldi». Subito dopo, la richiesta pressante di migliaia di euro, con la minaccia che i familiari potessero essere denunciati o addirittura arrestati. Le scuse variavano: multe non pagate, finanziamenti insoluti, acquisti da saldare. Una volta convinti gli anziani, uno dei truffatori si presentava a casa loro fingendosi dipendente delle Poste per riscuotere il bottino.
In un’occasione, Costagliola e Capone si erano fatti consegnare quasi 16mila euro in contanti e 100 grammi d’oro da un uomo di 93 anni. In altri episodi, le vittime erano state depredate anche di gioielli e pietre preziose. Non sempre i colpi andavano a buon fine: un tentativo con Grimaldi era fallito per l’intervento dei carabinieri in zona. Grazie a intercettazioni e appostamenti, gli investigatori sono riusciti a ricostruire i movimenti del gruppo e a raccogliere prove decisive.
Il tribunale ha riconosciuto ai due condannati i reati di estorsione, rapina, sostituzione di persona e tentata truffa. La parte civile, rappresentata dall’associazione italiana vittime vulnerabili, ha espresso soddisfazione per l’esito del processo. «I fatti erano gravi e sono stati ben analizzati: la pena è giusta. Come ente facciamo anche prevenzione, sensibilizzando gli anziani che restano i più difficili da proteggere», ha commentato l’avvocata Arianna Agnese.
Resta aperta l’indagine su possibili complici e sugli altri colpi messi a segno nei primi mesi del 2023. Ma la sentenza rappresenta un segnale forte contro una delle forme di truffa più insidiose, che colpisce i più fragili.