
Sentenza della Cassazione in favore dei padri separati

Secondo una recente ordinanza della Corte di Cassazione, l’assegno di mantenimento deve essere proporzionato alle reali possibilità economiche di ciascun genitore. Il caso riguarda un padre separato che, con uno stipendio ridotto a 1.400 euro mensili, era comunque tenuto a versare 600 euro alla figlia, cifra giudicata insostenibile dai supremi giudici. La Cassazione ha ricordato che l’assegno non è né una punizione né un obbligo immutabile, ma un contributo equo, da adattare alle condizioni attuali delle parti coinvolte.
La vicenda trae origine dalla decisione della Corte d’appello di Bologna, che aveva confermato quanto stabilito in primo grado dal Tribunale di Piacenza: 600 euro di mantenimento mensile più la metà delle spese straordinarie. Una decisione ritenuta errata dalla Cassazione, in quanto non considerava le modifiche reddituali dell’uomo, che nel frattempo era diventato dipendente nell’impresa di famiglia, con una riduzione dello stipendio. Inoltre, secondo quanto riferito dal padre, l’ex moglie godeva di una situazione economica decisamente migliore. I giudici d’appello, invece, avevano ritenuto “irrilevanti” questi cambiamenti, sostenendo che il mantenimento dovesse restare invariato perché la figlia era cresciuta e viveva principalmente con la madre.
Gli Ermellini hanno accolto il ricorso dell’uomo, evidenziando la violazione dell’articolo 337-ter del Codice civile, che impone di calcolare il mantenimento in base alle entrate effettive di ciascun genitore. Secondo la Corte, i giudici di secondo grado non hanno valutato con attenzione la mutata condizione economica del padre, né la sproporzione tra il suo reddito e l’importo da versare, compromettendone la dignità di vita. Di conseguenza, è stata disposta una nuova causa presso la Corte d’appello, in cui sarà necessario ridefinire l’assegno tenendo conto della reale situazione economica delle parti.
L’avvocato Raffaella Mari, esperta in diritto di famiglia, ha commentato la sentenza sottolineando che si tratta di un atto di “puro realismo”. Secondo la professionista, costringere un genitore a vivere sotto la soglia di dignità compromette anche la sua capacità di offrire serenità e presenza al figlio. “La sentenza protegge la sostenibilità della vita di entrambi i genitori – ha dichiarato Mari – che è una premessa fondamentale per il benessere del minore”. Un principio che, secondo la Cassazione, dovrà sempre guidare la valutazione dell’assegno di mantenimento, in un’ottica di equilibrio e giustizia.