
Roma, nuovi sviluppi nel caso della clinica abusiva di Primavalle

A pochi giorni dalla tragedia che ha visto la morte di Ana Sergia Alcivar Chenche durante una liposuzione clandestina, emergono nuovi inquietanti sviluppi sull’ambulatorio abusivo gestito a Primavalle, Roma, dal medico peruviano José Lizarraga Picciotti. Al centro di questo nuovo filone d’indagine si trova Olivia Buldrini, presunta assistente del chirurgo, ora formalmente indagata per esercizio abusivo della professione medica e già coinvolta in un altro procedimento per lesioni personali legate a trattamenti estetici mal riusciti.
Secondo quanto accertato dalla Procura di Roma, il 9 luglio 2023 Buldrini avrebbe eseguito un intervento al seno su una paziente, all’interno dello studio in via Francesco Roncati 6, proprietà del dottor Lizarraga. Il risultato dell’operazione fu disastroso: «Sono stata costretta a rivolgermi a un altro medico per sistemare i danni», ha dichiarato la donna al pubblico ministero. La Buldrini avrebbe perfino prescritto farmaci con il timbro del medico peruviano, pur non essendo in possesso di alcun titolo abilitante alla professione.
Lizarraga, interrogato dai carabinieri del Nas, ha negato di essere al corrente dell’attività chirurgica della Buldrini, sostenendo che «credeva avesse una laurea conseguita in Russia». Ma secondo gli inquirenti, la donna non è medico, né in Italia né all’estero.
La figura dell’assistente del chirurgo emerge anche in altre vicende. Un’altra paziente racconta di essere stata trattata con 12 punture di botulino alla fronte per 250 euro, durante la pandemia. «Si era presentata come medico, con tanto di biglietti da visita», racconta. Successivamente, Buldrini l’avrebbe invitata a sottoporsi a una liposuzione da Carlo Bravi, medico indagato per la morte di Simonetta Kalfus. Scoperto il nome, la donna ha fatto ricerche online e si è salvata in extremis: «Meno male che me ne sono accorta».
L’ultimo trattamento documentato risale al 10 maggio scorso, avvenuto in un appartamento ai Parioli, anch’esso sottoposto a sequestro dal gip perché privo delle autorizzazioni necessarie.
L’ambulatorio del dottor Lizarraga, dove ha perso la vita Ana Sergia Alcivar Chenche il 7 giugno, era tutt’altro che una sala operatoria. Durante un sopralluogo, la polizia scientifica ha rilevato attrezzature inadeguate e condizioni igienico-sanitarie gravemente insufficienti. «Non sono un mostro. Non capisco cosa sia accaduto. È stata una tragedia», ha dichiarato il medico, oggi indagato per omicidio colposo in concorso con l’anestesista e l’infermiera presenti quel giorno.
Eppure, Lizarraga non è nuovo a episodi controversi. Nel 2019 fu condannato a risarcire 200mila euro a una paziente, Emini Qerimi, dopo un intervento effettuato con strumenti non sterili e personale non qualificato. Anche in quell’occasione, i soccorsi furono ritardati deliberatamente per evitare conseguenze legali.