
Roma, operazione antidroga della Guardia di Finanza: 9 arresti

«Siamo il top di Roma, diamo 18 pacchi al mese». Così si vantavano Manuel Grillà e Manolo Cori, i due presunti capi di un’organizzazione criminale che per anni avrebbe rifornito di cocaina e hashish interi quadranti dell’area est di Roma, da Giardinetti a Tor Bella Monaca. Un’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dalla procura e convalidata dal giudice per le indagini preliminari Rosalba Liso, ha portato all’arresto di nove persone, smascherando un sodalizio strutturato, ben finanziato e legato direttamente a cosche della ’ndrangheta.
Secondo quanto emerso, il gruppo aveva una struttura piramidale, con ruoli precisi e un sistema di cassa comune per stipendi, spese logistiche e reinvestimento degli introiti. Al vertice Manuel Grillà, figura poliedrica cresciuta all’ombra del noto criminale Stefano Crescenzi, e Manolo Cori, esperto nei contatti con i fornitori. “Grillà mantiene la primazia decisionale”, annota il gip, “mentre Cori promuove i contatti ma esegue solo con il suo assenso”.
Il gruppo, operativo soprattutto tra Giardinetti, Ponte Mammolo e Quarticciolo, si approvvigionava tramite sodalizi con gruppi albanesi nei Paesi Bassi e clan calabresi legati alla famiglia Nirta di San Luca, una delle più potenti della ’ndrangheta. In appena due anni sarebbero transitati oltre 130 chili di stupefacenti, con ricavi per centinaia di migliaia di euro a settimana.
Le indagini del Gico (Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata) hanno ricostruito un traffico che sfruttava autobus di linea e trolley per il trasporto della droga, con consegne effettuate anche a pochi passi dalla stazione Tiburtina. Il gruppo utilizzava le chat criptate Sky-Ecc, credendosi al sicuro da intercettazioni, per coordinare le spedizioni dal Belgio e dalla Calabria.
Con i calabresi, l’accordo prevedeva un prezzo fisso di 36.500 euro al chilo e pagamento entro tre giorni, con ampia fiducia reciproca. Dal Belgio, invece, il prezzo oscillava tra i 30 e i 36mila euro, e la droga veniva poi rivenduta con un ricarico medio di 3.000 euro al chilo.
Fondamentale per gli inquirenti la collaborazione del pentito Fabrizio Capogna, ex componente della rete, che ha testimoniato anche delle minacce ricevute da Grillà per un ammanco da 400mila euro. “O li ammazzavo tutti, ma non sono capace… allora ho deciso di collaborare”, ha raccontato.
Oltre ai capi, sono finiti in manette anche corrieri e rifornitori, tra cui Leandro Bennato e Giuseppe Molisso, considerati i “bracci armati” del gruppo. La rete, ben organizzata, riutilizzava i guadagni per l’acquisto di nuove partite e per il mantenimento dell’intera struttura criminale.
Ora l’inchiesta prosegue per chiarire eventuali ramificazioni internazionali e identificare altri eventuali affiliati. Ma una cosa è certa: la linea della droga tra Belgio, Calabria e Roma ha subito un duro colpo.