
Contro le aggressioni in corsia, gli operatori sanitari chiedono le bodycam

La notte del 17 giugno, il pronto soccorso dell’ospedale Sandro Pertini si è trasformato in un teatro di violenza. Una maxi-rissa tra due bande, scoppiata senza che nessuno dei partecipanti fosse in attesa di cure, ha lasciato il personale sanitario e i pazienti in balìa del caos per oltre due ore. L’episodio ha rappresentato una drammatica escalation delle tensioni che da mesi caratterizzano i reparti di emergenza della Capitale. Da qui l’allarme: il pronto soccorso non può essere terra di nessuno.
Dal tavolo di confronto tra la direzione generale della Asl Roma 2, il personale e il sindacato Nursind, è emersa una proposta articolata per affrontare la questione sicurezza. Al centro delle richieste figurano bodycam per medici e infermieri, ma anche l’adozione di smartwatch con un “bottone rosso” in grado di allertare istantaneamente le forze dell’ordine in caso di pericolo. “Serve la presenza fissa di un agente di polizia, almeno durante i turni notturni”, denunciano Stefano Barone e Carlo Torricella, segretari di Nursind Roma e Asl Roma 2. “Ma è urgente anche una mappatura dei reparti più a rischio per intervenire in modo mirato”.
Secondo la denuncia del personale, durante la rissa al Pertini non era presente neppure il presidio fisso di polizia, lasciando i lavoratori a gestire autonomamente la crisi: medici e infermieri sono riusciti a mettere in salvo i pazienti e le apparecchiature più delicate, rifugiandosi nella sala rossa. Solo diversi minuti dopo sono intervenute le forze dell’ordine. Episodi di questo tipo, spiegano i sindacati, non sono isolati: il rischio quotidiano di aggressioni verbali e fisiche mina la qualità del lavoro e compromette la sicurezza dell’intero sistema.
Il direttore generale Francesco Amato ha elogiato “la professionalità e la lucidità del personale sanitario”, sottolineando la necessità di un intervento strutturale. “Serve una strategia che parta dalla prevenzione”, ha dichiarato. Tra le misure allo studio, oltre agli strumenti tecnologici, anche un numero diretto di emergenza per il collegamento immediato con polizia e carabinieri, e un pressing sulla Regione Lazio e la Prefettura per garantire presìdi permanenti nei pronto soccorso più critici. Le richieste saranno formalizzate nei prossimi giorni.
La sanità romana, intanto, guarda alle sperimentazioni già attive nel Veneto e in alcune Asl del Salernitano, dove queste tecnologie sono già in uso. A Roma, una loro applicazione sistemica potrebbe segnare un punto di svolta nella protezione del personale sanitario, troppo spesso lasciato solo di fronte alla violenza.