
Primo Angelus di Papa Leone XIV: appelli alla pace in Ucraina e a Gaza

Statunitense di nascita, latinoamericano d’elezione e, da ieri, ufficialmente “romano de Roma“: Papa Leone XIV, prendendo possesso della Cattedra Lateranense, la Chiesa madre della cristianità, ha completato i riti d’inizio del suo ministero, con lo sguardo rivolto verso l’orizzonte. La pace è stata il tema centrale, un’urgenza affrontata con forza in diversi momenti della giornata. “C’è un mondo che soffre per la guerra, la violenza e la povertà, ma a noi cristiani il Signore chiede di essere testimonianza di vita, di portare speranza”, ha dichiarato nel pomeriggio dalla Loggia del Laterano. E durante il suo primo Angelus, a mezzogiorno, ha invocato “coraggio e perseveranza per quanti sono impegnati nel dialogo e nella ricerca sincera della pace”.
Sebbene Papa Leone non sia entrato nei dettagli, era evidente che dietro questi appelli vi fosse l’angoscia per la situazione in Ucraina, dove i bombardamenti continuano mentre le trattative sono in stallo, e per le vicende mediorientali, da Gaza al Libano. Le notizie provenienti dalla sua rete diplomatica e dai suoi confratelli agostiniani, a cui è profondamente legato, dipingono un quadro preoccupante.
A differenza delle sue prime uscite, Papa Prevost è apparso sereno, intonando persino l’intera preghiera mariana del Regina Caeli, memore di Sant’Agostino che affermava che chi canta prega due volte. Leone XIV ha poi annunciato la beatificazione di un prete polacco martire del 1939 in “odium fidei”, spiegando alla folla che “la sua opera in favore dei poveri e degli operai infastidiva i seguaci dell’ideologia comunista” al punto da essere ucciso. Successivamente, ha rivolto il suo pensiero alla Chiesa in Cina, da anni soggetta a dinamiche complesse nonostante l’Accordo bilaterale per le nomine dei vescovi. La giornata di ieri è stata l’occasione per inviare un messaggio ai cattolici cinesi, esortandoli a “promuovere sempre la pace e l’armonia” anche “in mezzo alle prove”. Questa giornata di preghiera per la Chiesa in Cina fu istituita da Benedetto XVI per sostenere il Vangelo, l’armonia e la pace.
Infine, è giunto il momento di Roma e dell’eredità di una storia radicata nella testimonianza di Pietro e Paolo, gli apostoli a cui ha dedicato la seconda parte della sua giornata. La presa di possesso del Laterano, Mater omnium Ecclesiarum, Madre di tutte le Chiese, rappresenta un momento simbolico essenziale per i pontefici. Quest’anno, ha previsto un saluto con il Sindaco Gualtieri ai piedi del Campidoglio, un gesto che non si verificava da 47 anni, dai tempi di Giovanni Paolo I. Anche al sindaco è stato ricordato il ruolo internazionale di guida di Roma sul piano umano e valoriale, con l’auspicio che la capitale possa distinguersi non solo per il suo patrimonio artistico, ma “anche” nell’annuncio dei valori evangelici di carità, accoglienza e solidarietà.
Attraversando la città, Leone XIV ha fatto tappa al Laterano e a Santa Maria Maggiore. La sfida che lo attende a Roma è la crescente secolarizzazione. “È un cammino difficile, ancora in corso, che cerca di abbracciare una realtà molto ricca, ma anche molto complessa”, ha ammesso. Infine, ha fatto sue le parole del beato Giovanni Paolo I: “Io dico ai romani: posso assicurarvi che vi amo, che desidero solo entrare al vostro servizio e mettere a disposizione di tutti le mie povere forze, quel poco che ho e che sono”. La “romanità” dei pontefici è una costante, da Paolo VI che scriveva “Ho amato Roma, nel continuo assillo di meditarne e di comprenderne il trascendente segreto. Con voi e per voi sono romano” a Giovanni Paolo II che anagrammava Roma con Amor e che, pur polacco, diceva “semo romani damose da’ fa’”. Persino Francesco, in passato, si era lasciato andare con un romano “Campa e fa campa’”.