
Condannato a 19 anni il boss della droga Leandro Bennato

La Corte d’assise d’appello ha confermato la condanna di 20 anni di reclusione per Leandro Bennato, boss di Casalotti, riducendo però la pena di sei mesi. Il narcos aveva scatenato una serie di rapimenti e torture per recuperare 107 chili di cocaina rubata, accendendo una spirale di violenza che ha coinvolto numerosi soggetti. Le indagini, condotte dai pm Giovanni Musarò ed Erminio Amelio, hanno portato alla condanna anche di Elias Mancinelli, co-proprietario della cocaina rubata, con una pena di 18 anni e 8 mesi, insieme ad altri tre complici, condannati con pene che vanno dai 6 ai 4 anni.
Il caso risale a fine 2022, quando Bennato, furioso per il furto del suo carico di cocaina, ha dato il via a una serie di sequestri con l’obiettivo di recuperare la droga rubata. Gualtiero Giombini, il primo coinvolto, è stato sequestrato, picchiato e torturato con la fiamma ossidrica per rivelare chi fosse responsabile del furto. Giombini, in seguito a terribili torture, ha indicato Cristian Isopo come uno dei colpevoli, ma è morto poche settimane dopo in ospedale.
Le torture inflitte a Giombini sono state descritte come crude e disumane. Secondo i testimoni, Giombini veniva picchiato, bruciato e messo sotto torture, tra cui l’inserimento di spilli nelle unghie. Un video di quelle torture è circolato negli ambienti malavitosi, come ha confermato il pentito Fabrizio Capogna, che ha raccontato come Giombini fosse stato messo su una sedia con lo scotch in bocca, mentre gli venivano inflitti atroci dolori.
Secondo l’accusa, Bennato era il mandante di questi sequestri e tortura, prendendo il controllo dell’intera operazione per recuperare la cocaina. Dopo il sequestro di Giombini, il gruppo ha rapito anche Isopo, legandolo a una sedia e picchiandolo fino a farlo confessare. Il secondo sequestro ha portato anche all’identificazione di Autilia Bevilacqua e Autilia Romano, due donne che avevano partecipato al furto di 7,7 chili di cocaina. Le due sono state sequestrate, ma una di loro è stata liberata dopo un errore d’identificazione. Per ottenere la liberazione, le vittime hanno dovuto cedere anche 165 mila euro derivanti dalla vendita di una parte della droga.
Le indagini hanno rivelato un contesto di violenza estrema legata al traffico di droga, con Bennato che, pur essendo già condannato, continua a esercitare il suo potere con la violenza. La decisione della Corte d’assise d’appello di confermare gran parte delle pene e di ridurre solo di sei mesi quella di Bennato conferma la gravità dei reati e l’intensità delle azioni commesse.