
Non ce l’ha fatta il 13enne feritosi con la pistola del fratello

Non ce l’ha fatta il ragazzino appena tredicenne che si è ferito gravemente alla testa maneggiando la pistola del fratello. La vittima, Giacomo E., è deceduta all’ospedale San Camillo. L’arma, regolarmente detenuta per uso sportivo, era del fratello maggiore ventenne, ma al momento dello sparo in casa c’era solo il padre, che ha ritrovato il figlio riverso a terra nella sua cameretta, in una pozza di sangue. Accanto al corpo c’erano la pistola e il cellulare del giovane.
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per omicidio colposo. Padre e fratello sono stati sottoposti allo stub, un esame che rileva tracce di polvere da sparo, con esito negativo per entrambi. È stata disposta anche l’autopsia sul corpo del 13enne, nonostante la comunità religiosa della famiglia avesse chiesto che venisse effettuato solo un esame esterno.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il tredicenne sarebbe stato solo in camera al momento della tragedia. “Ero in un’altra stanza e ho sentito un forte rumore, poi l’ho trovato a terra pieno di sangue”, ha riferito, straziato dal dolore, il padre agli investigatori. Nonostante il rapido intervento dei sanitari del 118, inizialmente ignari della gravità del ferimento, Giacomo è stato operato d’urgenza, ma le sue condizioni si sono aggravate fino al decesso.
Gli agenti della Squadra Mobile e del commissariato San Paolo stanno ora lavorando per ricostruire con esattezza quanto accaduto. La stanza del ragazzo e il suo cellulare sono stati sequestrati, così come la pistola, che verrà sottoposta ad analisi balistiche. Dalle prime verifiche, non risultano ricerche online su come usare armi o video tutorial sul telefono, ma si sta indagando per comprendere se fosse impegnato in chat o sui social nel momento precedente allo sparo.
Il ragazzo, secondo fonti investigative, “ultimamente non stava bene ed era in cura presso la Asl”. Era seguito da uno psicologo, dettaglio che apre anche alla possibilità di un gesto volontario, anche se l’ipotesi di un tragico incidente resta aperta.
Resta da chiarire come il tredicenne sia riuscito a entrare in possesso dell’arma, che secondo il fratello sarebbe stata smontata e riposta in diversi punti della casa. “Ho indicato agli investigatori dove si trovavano tutti i pezzi”, ha spiegato. Tuttavia, la legge è chiara nel prevedere che le armi debbano essere custodite in modo sicuro e inaccessibile a terzi, soprattutto minorenni. Eppure, qualcosa in questo sistema di sicurezza non ha funzionato. Giacomo è riuscito a recuperare i componenti dell’arma, rimontarli e a spararsi.
Ora spetterà agli inquirenti determinare se ci siano state responsabilità nella custodia dell’arma e chiarire il contesto psicologico in cui è maturata la tragedia. La famiglia, intanto, è devastata dal dolore e dal peso delle domande che restano ancora senza risposta.