
Roma, la geografia frammentata del controllo dello spaccio di droga

Roma non è mai appartenuta a una sola organizzazione criminale. Come ai tempi della Seconda guerra mondiale, quando fu dichiarata “città aperta”, anche oggi la capitale continua a esserlo nella sua geografia mafiosa. Lo ha affermato il collaboratore di giustizia Andrea Ronelli, parlando con i magistrati: “Roma è una città aperta. Ci stanno i siciliani, i calabresi, i napoletani…”. Nessun clan riesce a imporsi in modo assoluto, ma si alternano alleanze temporanee e fragili equilibri. E i calabresi, in particolare, non si potevano “toccare”. Tant’è vero che l’organizzazione criminale capeggiata da Giuseppe Molisso si fermava nella sua espansione soltanto davanti alle piazze di spaccio gestite dalle ‘ndrine, in un complesso gioco di equilibri e spartizione delle aree di controllo.
Tra i pochi ad aver tentato un dominio c’è stato Michele Senese, detto “’o pazz”, boss della camorra poi finito in carcere. “Michele comandava tutto a Roma. Carminati non esisteva, Michele è il Colosseo”, ha detto Ronelli. Dopo l’arresto del capo del gruppo attivo tra Giardinetti e Tuscolana, Stefano Crescenzi, il controllo sarebbe passato a Giuseppe Molisso e Marco Desideri.
Martedì scorso, Molisso, Desideri e altre 24 persone sono state arrestate. Secondo la Procura, gestivano gran parte delle piazze di spaccio a Tor Bella Monaca, molte delle quali pagavano il pizzo. “L’80% delle piazze paga a questi qua”, avrebbe raccontato Vincenzo Nastasi, altro elemento della rete. I calabresi, però, restano intoccabili: le aree da loro gestite non vengono sfiorate, e Molisso stesso aveva avviato rapporti diretti con i referenti della ‘ndrangheta per l’importazione di cocaina da Gioia Tauro. “Me la portano qui a rischio loro, ma i soldi li dobbiamo portare noi giù”, spiegava Molisso in un’intercettazione.
Il gruppo è anche ritenuto coinvolto nell’omicidio di Fabrizio Piscitelli, noto come “Diabolik”, ex capo ultrà della Lazio. Secondo Ronelli, “problemi con il gruppo di Giardinetti” sarebbero all’origine dell’agguato. La Procura ritiene oggi che Molisso, Leandro Bennato e Alessandro Capriotti siano i mandanti, e Raul Esteban Calderon l’esecutore. Proprio con l’uccisione di Diabolik è partita una lunga scia di sangue, fatta di omicidi, gambizzazioni, torture, imboscate: una lotta per il controllo di alcuni territori che ancora deve essere definita in tutti i suoi contorni. Roma continua così a essere teatro di una lotta sotterranea tra gruppi criminali diversi, senza un unico regnante, ma con un sistema frammentato e in continua evoluzione. La stessa situazione della fine degli anni Settanta che viene descritta in Romanzo criminale, prima dell’avvento della banda della Magliana. Allora come oggi, tutto ruota attorno alle piazze di spaccio della droga, dalla cocaina alle nuove sostanze, molto più pericolose, come il fentanyl.