
Stupro di Capodanno: 18enne condannato a 5 anni di carcere

Bianca (nome di fantasia) è stata stuprata due volte da P.R. e le sue amiche non solo non l’hanno protetta, ma hanno anche sminuito quello che è accaduto durante la festa di Capodanno 2021, in una villetta a Primavalle, «rendendo dichiarazioni reticenti o mendaci» nel corso del processo per «difendere la loro immagine o tutelare il gruppo di appartenenza». Al party c’erano i ragazzi di Primavalle, di cui fa parte R., 18enne, e le “parioline” con i loro fidanzati, amici di Bianca, ancora minorenne. Saranno i telefoni dei presenti – e i referti del pronto soccorso -, come scrivono i giudici della quinta sezione penale di piazzale Clodio nelle motivazioni della sentenza con cui hanno condannato l’imputato a cinque anni e mezzo di carcere, gli unici «elementi di certezza» per ricostruire l’accaduto.
L’intento del party era chiaro a tutti: «Avere rapporti sessuali, bere e assumere stupefacenti». Nelle chat tra le “parioline”, gli accordi per acquistare alcolici, droga, ma anche psicofarmaci, tra cui Rivotril e Xanax. Bianca si è svegliata il primo gennaio nella villetta senza le sue amiche, senza vestiti, dolorante. La mamma di un amico l’ha accompagnata a sporgere denuncia e in ospedale. «L’hanno stuprata tre volte», scriveva un’amica a un’altra, rimproverandola di averla lasciata sola. «Lo chiedeva lei, l’ha fatto di sua volontà», rispondeva l’altra, in linea con una negazione della realtà che ha caratterizzato quasi tutte le testimonianze. «Tutti i partecipanti alla festa, non solo l’imputato, hanno riferito che i rapporti erano stati voluti dalla parte lesa, tanto che neppure le amiche più strette si erano preoccupate», si legge nelle motivazioni della sentenza. Dichiarazioni «frutto di una percezione superficiale del concetto di lucidità, che non tiene conto dell’incidenza delle sostanze sul meccanismo della coscienza e volontà». Bianca non era in grado di «comprendere appieno e valutare il significato delle proprie scelte», spiegano i giudici. Era «incosciente, o quanto meno semi incosciente» quindi «non poteva esprimere un valido consenso».
Tre i rapporti intrattenuti con P.R. nel corso della serata. Ma per i giudici «solo in relazione al primo è possibile ritenere ragionevole la sussistenza di un normale rapporto consensuale», perché avvenuto circa un’ora dopo l’inizio della festa, prima «dello stato di alterazione psichica della parte lesa». Per quanto riguarda la seconda violenza, considerata dall’accusa «di gruppo» e alla quale oltre al 18enne avrebbero partecipato altri due ragazzi, i giudici hanno un’idea diversa dalla Procura: si è trattato di violenze singole, perché consumate «una alla volta, all’interno del bagno con la porta chiusa». Per il collegio non ci sarebbe stata neanche la famosa «guardia alla porta del bagno», ma i ragazzi rimasti fuori sarebbero stati lì «in attesa e non per sorvegliare». Quindi non una violenza sessuale di gruppo, ma pur sempre una violenza. Il terzo stupro, sempre per mano di P.R., sarebbe avvenuto in un orario ancora successivo, nel quale non si erano certo «modificate – concludono i giudici – le condizioni soggettive della minorata capacità della minore».