
Delitto di via Poma: nuovi interrogativi. Il Gip non archivia

Dopo oltre tre decenni, il caso dell’omicidio di Simonetta Cesaroni, avvenuto il 7 agosto 1990 in via Poma, si arricchisce di nuovi interrogativi. La gip Giulia Arcieri ha respinto la richiesta di archiviazione dell’ultima inchiesta, imponendo alla Procura di ampliare le indagini e convocare decine di testimoni. Al centro dell’attenzione ci sono documenti riservati dei servizi segreti, che potrebbero essere stati fatti sparire per proteggere interessi legati ai cosiddetti “poteri forti”, secondo quanto riportato nel decreto della giudice.
Tra le figure da ascoltare nuovamente figurano Carmine Belfiore, ex questore di Roma e vicecapo vicario della polizia, e l’ex agente dei servizi Sergio Costa, responsabile della centrale del 113 all’epoca dei fatti.
La gip ha chiesto di indagare su possibili collegamenti tra l’omicidio e altre inchieste dell’epoca, come il celebre furto al caveau di piazzale Clodio del 1999, per il quale, tra gli altri, venne condannato Massimo Carminati. Tra i documenti trafugati dalle cassette di sicurezza si ipotizza potessero esserci carte collegate al delitto di via Poma.
Un’altra pista riguarda l’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, all’epoca presidente degli Ostelli della Gioventù e vicino di casa di via Poma. Sebbene mai indagato, un rapporto della DIGOS del 1992 firmato da Belfiore menziona “reiterate molestie a giovani ragazze” e solleva dubbi sul suo alibi. Secondo la gip, le indagini potrebbero essere state inquinate sin dall’inizio per proteggere interessi legati ai servizi segreti, come suggerirebbe la presenza di appartamenti nel condominio utilizzati dagli stessi.
Anche il ruolo del portiere dello stabile, Pietrino Vanacore, sarà riesaminato. Vanacore, uno dei primi sospettati, si tolse la vita nel 2010, lasciando dietro di sé interrogativi mai risolti.
Simonetta Cesaroni lavorava come contabile presso l’AIAG (Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù) ed è stata uccisa con 29 coltellate. Nel corso degli anni, il caso ha visto diverse piste e accuse, tutte poi cadute: dal portiere Vanacore al fidanzato Raniero Busco, inizialmente condannato in primo grado ma assolto con formula piena nei gradi successivi.
Altri sospetti hanno coinvolto Salvatore Volponi, datore di lavoro della vittima, e Federico Valle, nipote dell’architetto Cesare Valle e residente nello stabile. Tuttavia, nessuno di loro è stato ritenuto colpevole.
Oggi, l’inchiesta torna al centro dell’attenzione con l’obiettivo di chiarire i nodi irrisolti, tra cui il possibile ruolo dei servizi segreti e le eventuali coperture. La strada verso la verità sembra ancora lunga, ma le nuove indagini potrebbero finalmente fare luce su uno dei misteri più oscuri della cronaca italiana.