
Per i capi dei Narcos di Roma Est chiesti 20 anni di galera

Un’associazione criminale con base a Roma, guidata da giovani boss spietati, è al centro di un maxi-processo che svela scenari da guerra urbana. Gambizzazioni, sequestri, torture e perfino un dito mozzato per intimorire i rivali: sono i metodi usati da una gang dedita al narcotraffico, attiva tra Morena, Quadraro e Pietralata. In questi giorni la Direzione Distrettuale Antimafia ha chiesto condanne pesanti per diversi imputati, con pene che arrivano fino a 20 anni di reclusione.
Secondo i pm della DDA, Giacomo Daranghi – 29 anni, originario di Alatri – è il mandante di numerosi episodi violenti, compresa la gambizzazione di Alex Corelli e del fratello. È ritenuto anche il regista dell’omicidio di Andrea Fiore e del sequestro di Samiro Jebari, al quale sarebbe stato ordinato di tagliare un dito. L’obiettivo: ottenere informazioni su debiti di droga e dinamiche criminali. A eseguire le sue direttive, un gruppo di ragazzi giovanissimi, come Simone Di Salvio (2002), Fabrizio Finizio (2004) e Ilia Codrin Fratita (2003), accusati di spaccio e concorso in reati violenti.
L’associazione controllava una rete capillare di spaccio tra il Tuscolano e Primavalle. La droga, in particolare hashish, veniva trasportata da corrieri fidati come Luigi Finizio, morto in circostanze sospette poco prima che nella sua abitazione fosse trovato un chilo di sostanza stupefacente. In un b&b adibito a deposito e covo, la polizia ha scoperto armi, droga e persino una porzione di dito umano conservata in un liquido. Nelle case popolari di Pietralata è stato infine sequestrato un arsenale da guerra, custodito da una donna inizialmente collaborativa poi tornata al silenzio.
Le modalità del gruppo erano improntate a un’estrema violenza. I sodali, sotto il controllo di Daranghi, eseguivano ordini con una brutalità impressionante. Le punizioni fisiche erano videoregistrate e mostrate come avvertimento. Nel palazzo di Pietralata, sorvegliato da una “pensionante” complice, sono state rinvenute pistole rubate, fucili con canna mozza e persino armi da guerra. Il processo, che coinvolge imputati giudicati con rito abbreviato, è solo all’inizio ma le richieste della procura parlano chiaro: l’organizzazione operava con metodo mafioso e dev’essere smantellata.